Ormai è parecchio tempo che sui kart della classe KF (ma anche su svariati monomarca) si impiega questa tipologia di freno che al classico disco posteriore comandato dal pedale sinistro affianca quelli anteriori gestiti invece da una leva sul volante. E a questo punto sono ormai diversi coloro che si interrogano se questo sistema sia davvero opportuno.
Intendiamoci subito: che sia opportuno dal punto di vista delle prestazioni e dei tempi sul giro, non è certo messo in dubbio. Con i pesi attuali, anche un kart senza marce ha bisogno di una considerevole forza frenante per affrontare le curve in modo ragionevole. Una premessa che ci fa capire come già in partenza sarebbe cosa buona e giusta diminuire i pesi, per cominciare. Ma a prescindere da questo sono molti i dubbi che sono emersi, fra gli addetti ai lavori, relativamente ai freni anteriori “manuali”. Per cominciare, proprio il fatto stesso che vengano azionati dalla mano destra: in quale altra categoria a quattro ruote avviene così? Semplicemente nessuna. Dunque si tratta di qualcosa che non ha ragion d’essere in quanto a “insegnamento”, quando in una classe come la KF2 si dovrebbe ancora considerare seriamente la sua propedeuticità nei confronti dell’automobilismo.
Ragioniamo allora dal punto di vista della guida in sé e per sé: a parte che si è sempre visto che ridurre gli spazi di frenata è sempre qualcosa di controproducente ai fini della spettacolarità e selettività di una categoria agonistica, si deve ragionare proprio sul modo in cui questi impianti frenanti vengono impiegati dai piloti. Vale a dire: col solo freno posteriore, la frenata va dosata in modo da non esagerare e da mantenere una certa velocità di percorrenza; invece si è visto che con questo genere di freni anteriori, non solo si frena dopo, ma si può entrare alla “sperindio” nel sorpassare qualcuno, tanto anche se poi ci si trova col kart bloccato in curva la posizione si è ottenuta. Con tanti saluti però all’abilità di guida e alla capacità del pilota di staccare più tardi senza finire lungo.
C’è chi ne fa una questione di sicurezza, ma in questo senso bisognerebbe anche applicare un po’ di logica. Intanto perché notoriamente con spazi di frenata più brevi c’è maggior possibilità di sbagliare e minor tempo per reagire. Poi perché con due impianti frenanti le possibilità di avaria raddoppiano. Qualcuno dice: “ma resta l’altro impianto frenante per rallentare”. E allora? Perché se si resta senza freni, il problema non è di andare a sbattere contro un albero (ci sono gli spazi di fuga, no?) ma di saltare addosso a chi ci precede. E questo avviene sia che restiamo senza freni del tutto, sia che ce ne manchi solo il 50%...
Dulcis in fundo (si fa per dire) aggiungiamo pure l’aumento di complicazione e di costi. Un sistema di freni anteriori manuale viene qualcosa come 800 euro: siamo sicuri che il gioco valga la spesa (letteralmente)? Insomma, non riusciamo a trovare nessuna motivazione logica, tecnica, economica e nemmeno di sicurezza, a favore di questa tipologia di sistema frenante. Quando invece il solo freno posteriore non dà problemi ove lo si impiega, come nella KF3/KFJ o in tutte quelle categorie monomarca che non solo non prevedono i freni anteriori, ma addirittura li vietano (e un motivo ci sarà...).
Cosa si aspetta dunque ad abolire i freni davanti “a mano”? L’occasione del “cambio di stagione” sarebbe oltretutto propizia per la modifica dei regolamenti. Al limite sarebbero perfino preferibili dei freni come sui 125 a marce, cioè con impianto completo ma comandato solo dal pedale. Almeno si imparerebbe a bilanciare la ripartizione della frenata sui due assi, e questo sì che servirebbe anche nel passaggio all’automobilismo.