Freno a mano, Si e No

- Test in Pista
Con l’ausilio della completa acquisizione dati by officine In progress, abbiamo analizzato per le prima volta come Funzionano davvero i freni di un kart monomarcia, provando sia L’impianto singolo che quello con freni anteriori manuali. Ed ecco cosa abbiamo scoperto...
Testo: m. Voltini - foto: d. Paolicelli


Certe volte anche provare dei kart nuovi può risultare un po’ frustrante, sebbene sempre divertente. Il fatto è che anche dal punto di vista professionale, alla fine i mezzi si assomigliano un po’ tutti - come chiunque può verificare anche senza usare particolari strumenti di misura - e spesso a risultare decisiva è più la singola messa a punto dell’assetto per quella specifica pista o giornata. Volendo fare i nostalgici fino in fondo, poi, ci manca una pista come era quella di Parma, dove capivi facilmente come “funzionava” un kart nelle varie circostanze. Allora sfruttando gli strumenti che ci hanno messo a disposizione i ragazzi di Officine in Progress, con i loro sensori e la loro acquisizione dati, abbiamo deciso di espandere un po’ il campo delle nostre prove. E una delle prime cose che ci è venuto in mente di “collaudare” da un punto di vista più tecnico che non di pura sensibilità, è stata relativa ad un argomento molto d’attualità: i freni anteriori a comando manuale sui kart monomarcia.
È noto che sui KF e anche su certi monomarca è possibile avere l’impianto frenante doppio e distinto: il freno posteriore singolo comandato dal pedale, più i dischi anteriori gestiti tramite una leva al volante. Ed è altrettanto noto che nella nuova classe OK, vuoi per risparmiare peso vuoi per tornare ad un concetto di kart più vicino alle origini, i freni anteriori sono stati vietati. Ebbene, perché non provare a vedere cosa succede effettivamente in pista quando su un kart usi o no l’impianto frenante anteriore? Anzi, di più: cosa succede effettivamente ai freni di un kart? Una domanda, quest’ultima, alla quale abbiamo potuto dare risposta grazie all’impiego di una nutrita serie di sensori che la OiP ha montato sul kart del test.

A Viterbo con Tredicine e Pulcini

 
 Il kart in questione è stato per la precisione un FA motorizzato Vortex - e quindi con impianto frenante OTK - che il team KGT di Stefano Tredicine ci ha gentilmente messo a disposizione. Ma non solo: per l’occasione ha invitato come tester Leonardo Pulcini, ormai da tempo impegnato nell’automobilismo prima in Formula 4 e più recentemente in Formula 3. «Erano due anni e mezzo che non salivo sul kart», ci ha confessato il pilota romano, che tuttavia ha dimostrato cosa nasconda nel suo DNA necessitando solo di un paio di run per riprendere perfettamente la mano sul kart e sulla pista di Viterbo.
È stato infatti l’impianto laziale ad ospitare il nostro test: un tracciato di 1300 metri che ben si presta ad una prova di questo genere, perché oltre alla frenata relativamente “dolce” alla prima curva (questo perché si stacca già in ingresso e a ruote sterzate) ne accompagna altre ben più decise. Sono cioè quella del primo tornante e ancor più quella al termine del veloce rettilineo trasversale interno, che conclude in un tornante abbastanza stretto anche se di meno di 180°. Insomma, due staccate che permettono di registrare i valori di picco nelle possibilità dei due sistemi frenanti. Alle quali si aggiungono un altro paio di situazioni di frenata in cui bisogna essere in grado di gestire bene l’inserimento: in parole povere, a Viterbo bisogna saper usare bene i freni…

Esperienza di anni fa'

Naturalmente dopo i primi giri di Pulcini la nostra prima preoccupazione è stata quella di chiedergli come si trovava con le due tipologie di impianto frenante. Giusto per scoprire che alla nostra preoccupazione si contrapponeva invece un’assoluta tranquillità da parte del pilota… «Non no avuto nessun problema particolare - ci ha risposto Leonardo - devo solo riprendere un poco l’abitudine al kart e a questa pista, ritrovare certi riferimenti». Possiamo confermare che poi li ha ritrovati benissimo… «Comunque io sono stato abituato a entrambi i sistemi, soprattutto con quello del freno solo dietro, quando ho corso con il KF Junior», categoria con cui ha raccolto delle belle soddisfazioni. «Poi ho fatto qualche gara anche col KF2 - prosegue - ma lì non sono stato molto fortunato». In ogni caso ci ha fornito un ottimo supporto al test, dandoci anche riscontro alle nostre deduzioni “al computer” su come affrontava le varie curve.

LA PISTA DI VITERBO PRESENTA DUE STACCATE IMPORTANTI:
QUELLA DEL PRIMO TORNANTE E QUELLA ALLA FINE DEL RETTILINEO INTERNO
Nella vista dall’alto si possono apprezzare le traiettorie seguite da Pulcini e memorizzate dal sistema GPS. Evidenziamo quella della staccata al tornantino interno, che abbiamo preso come riferimento nel servizio, ma anche quelle di un punto significativo come la “chiocciola” e al secondo tornante, dove in uscita si va quasi sempre oltre al cordolo.
 

UNA SELVA DI SENSORI
Per i rilevamenti necessari alla nostra “esplorazione” di cosa succede nei freni di un kart, Andrea Saccucci e Daniele Parravano di OiP hanno montato una bella caterva di sensori, sul kart affidato a Pulcini. Oltre a quelli ormai classici (per loro) relativi ai parametri di funzionamento generali e motoristici, fra i quali evidenziamo il GPS triassiale e la sonda lambda sullo scarico, e alla telecamerina sincronizzata con i dati rilevati, ne sono stati installati altri più specifici per ciò che siamo andati a testare. Per esempio il sensore a infrarossi “puntato” sul disco posteriore che ci ha permesso di rilevarne la temperatura di esercizio in movimento. Come pure quelli che hanno verificato la pressione presente negli impianti idraulici anteriore e posteriore al momento di frenare. Non secondario è stato pure il sensore sull’assale che misurava la velocità di rotazione delle ruote, assieme a quello del regime motore: in questo caso, più che la velocità del kart (peraltro già rilevata tramite GPS) è servito a registrare i bloccaggi in staccata. Ovviamente la combinazione di tutti questi dati rilevati è ciò che permette di leggere, sui grafici al computer, cosa accade realmente in staccata e che nessun meccanico ci aveva ancora saputo “rivelare”. Anche perché - per certi versi giustamente - gli addetti stanno più attenti che il loro pilota non freni prima degli altri, che non ad altre amenità.

 

SOTTO PRESSIONE

I quadri 1 e 2 sono quelli che raccolgono i dati più significativi raccolti nei giri di pista più veloci effettuati con le due scelte di frenata. Nel primo caso sono impiegati sia i freni anteriori che quello posteriore. Analizzando i rilievi partendo dal basso, e quindi verificando la pressione sul circuito idraulico posteriore (PfrenoPost) e su quello anteriore (PfrenoAnt) si può notare come in molte curve si tenda a mollare prima i freni anteriori di quello posteriore, manovra che permette un miglior inserimento. Però in una staccata veramente poderosa e lunga come quella al tornante interno, in corrispondenza degli 800 metri, si tende piuttosto a utilizzare il massimo potere frenante disponibile praticamente dall’inizio alla fine.
Un fattore curioso e che si evidenzia anche nel grafico della derivata relativa alla pressione posteriore (Deriv_ Pfrenopost), un parametro che ci dice con quanta aggressività si va sul freno, ci fa vedere come sul freno posteriore il tester agisca continuando a correggere: sembra che dopo un “pestone” iniziale debba continuamente rilasciare per evitare il bloccaggio eccessivo, e questo avviene ripetutamente nel corso della frenata medesima. Sembra proprio che il driver si concentri più sul freno anteriore e quindi risulti meno preciso su quello posteriore. Poi agisce quasi come un ABS fisico e istintivo, e abbiamo verificato come questo avvenga con intervalli di 4 decimi di secondo: da far invidia alla Bosch!
Nel secondo quadro relativo alla sola frenata posteriore (si nota che la pressione anteriore è sempre pari a zero) la stessa frenata è più netta e omogenea, seppure sempre decisa: lo si vede anche nel grafico “Engine”. Ovviamente è il regime del motore, ma trattandosi di un kart a presa diretta è ovvio che motore e ruote girano in armonia diretta. Quindi si nota il bloccaggio delle ruote iniziale, però meno accentuato e più costante che con l’altro sistema. La misurazione della temperatura del disco dietro (infrared) ci permette di vedere come questa oscilli fra 139 e 172 gradi centigradi quando ci si appoggia al solo freno posteriore; in caso contrario i freni anteriori alleggeriscono il lavoro di quello posteriore e così le temperature di quest’ultimo vanno da 109 a 130 gradi. Valori abbastanza contenuti rispetto a quanto avviene in altre specialità motoristiche. Da segnalare anche che il picco di temperatura non è al termine della staccata più forte, bensì di quella successiva (alla cosiddetta “chiocciola”) perché oltre ad essere anch’essa abbastanza lunga, ci si arriva senza aver ancora smaltito del tutto il calore precedente.
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VELOCITA' VARIABILI

Nel quadro 3 ci focalizziamo ancor di più nella frenata in questione, quella del tornantino interno, mettendo direttamente a confronto quanto succede con le due differenti modalità di frenata: linea nera con il solo freno posteriore, linea blu con entrambi gli impianti. È interessante notare come con il freno solo dietro si debba staccare prima e si blocchi un po’ di più; poi però con entrambi gli impianti la velocità viene abbassata più rapidamente - che tradotto significa “frena di più”, com’è ovvio - tanto che per più di metà della fase finale di staccata la velocità è decisamente inferiore. Così anche in ingresso curva si risulta più veloci avendo usato solo il freno dietro, tanto che anche in termini cronometrici si recupera qualcosa, come mostra il grafico “riferimento” in basso. Tuttavia subito dopo si vede anche come questa maggior velocità in entrata non permetta di riaccelerare così presto come quando si è frenato di più, e quindi si vada nuovamente a perdere qualcosa in uscita di curva e nel rettilineo successivo.
In merito a questa “staccatona” possiamo fornire un altro paio di dati che sicuramente tutti vogliamo sapere, come la lunghezza della frenata nei due casi. Ebbene, con entrambi i freni la staccata è iniziata al metro 781 del giro di pista per concludersi al metro 815, risultando lunga per la precisione 32,8 metri. Col solo freno dietro, invece, è durata dal metro 777 al metro 816 circa, per una lunghezza esatta di 39,1 metri. Insomma, la seconda frenata è sì iniziata prima, me termina pure più tardi e più “dentro la curva”.
Un confronto fra le due tipologie di frenata su tutto l’arco del giro lo abbiamo nel quadro 4, con le velocità, le accelerazioni (o decelerazioni) longitudinali e la pressione totale operata sui freni (qui però la linea nera è per entrambi, e quella blu per il solo freno dietro). Un altro paio di parametri da dire sono per esempio che la decelerazione raggiunge 1,2 g con tutti e due i freni e 1,0 g con solo quello dietro. Sono valori entrambi notevoli visto che sono stati ottenuti con pista non ottimale e con gomme non particolarmente morbide (le Bridgestone della Rok Cup). Infine la forza della frenata viene confermata dai valori di pressione idraulica nei due impianti: 33 bar con il solo freno dietro e 47 bar totali (anteriore + posteriore) frenando con entrambi. Mentre le velocità massime e minime sono simili, attestandosi in entrambi i casi sui 106 km/h prima della staccata e a 46 km/h in curva.
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COL SOLO FRENO POSTERIORE, LA STACCATA SI È ALLUNGATA
DA 33 A 39 METRI.
PERÒ SI ENTRA IN CURVA PIÙ VELOCEMENTE

 

PIU' FREDDI E PIU' CARICHI 

Un grafico piuttosto curioso è quello numero 5, che mostra come varia la decelerazione del kart in funzione della pressione idraulica totale nei freni. Linea nera per il sistema doppio, che infatti raggiunge valori più estremi su entrambi i fronti, linea blu per il solo freno posteriore. Anche stavolta vengono prese in considerazione le frenata di un giro, quello migliore, in entrambi i casi. Qui si può capire quanto “buona” sia stata una frenata a seconda di come si “appiattisce” verso il basso e appuntita verso destra. Anche se si nota una frenata molto arrotondata con il solo impianto posteriore, che dimostra un approccio dolce a quella curva. Se volete capire ancora di più su grafici come questo, potreste seguire uno dei corsi tenuti dai ragazzi di Officine in Progress, che fra l’altro con la loro esperienza anche in altri settori del motorsport ci hanno permesso di “inquadrare” meglio le prestazioni frenanti dei kart. Per esempio sono buone le decelerazioni, ma ciò che ha stupito è l’alta pressione idraulica generata nel circuito, quasi 50 bar. Con le auto da corsa pressioni simili si registrano solo con certe GT, ma in quel caso abbiamo pure un migliaio di chili e più da rallentare… Oltretutto pure i materiali impiegati sono ben diversi, e questo fa anche intuire come mai ci siano tanti problemi con i nostri “gommini” normali a fare da tenuta. Questo quando con le moto da pista un impianto freno anteriore (quello posteriore praticamente non si usa) arriva intorno ai 20 bar.
Fra l’altro per le moto si parla di “staccatona” quando si passa da 330 a 80 km orari, non da 106 a 46 come nel nostro caso. Così per le dueruote si arriva a temperature sui 300-350°C. Questo parlando di dischi freno in acciaio, quando sulle auto ormai sono generalizzati dischi in carbonio o carboceramici, per i quali sono normali temperature di funzionamento ben diverse e più vicine ai mille gradi. Ebbene, il disco posteriore del kart non ha superato i 180°C nemmeno quando utilizzato da solo, quindi un range di temperature incredibilmente basso in comparazione. Chissà, probabilmente questo potrebbe essere un campo da esplorare, anche con differenti tipi di pastiglie. Vedremo
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IL TESTER

LEONARDO PULCINI

ANNO 1998 - DI ROMA
Leonardo ha iniziato in kart abbastanza tardi, a 12 anni, in KFJ e Junior Rok. Prima si è messo in evidenza in quest'ultima vincendo l'Italiano e il Mondiale nel 2012, poi l'anno dopo ancor di più in KFJcon tante vittorie in WSK e campionato italiano, nonché risultati di spicco a livello europeo e mondiale, rischiando di vincere il titolo assoluto. Poi qualche gara in KF2 ma il 2014 lo vede concentrato nel passaggio in automobile, nella Formula 4 prima (con vari podi) e in Formula 3 poi, categoria nella quale si appresta a correre anche quest'anno dopo aver già vinto la Winter Series.

 
HANNO CONTRIBUITO AL TEST IL TEAM KGT DI STEFANO TREDICINE
(IN PARTICOLARE IL MECCANICO FABIO) E I RAGAZZI DI OFFICINE IN PROGRESS



SCHEDA TECNICA

TELAIO FA VICTORY
OMOLOGAZIONE CIK 42/CH/11
ALTEZZA ANT/POST BASSO/MEDIO
CARREGGIATA ANT/POST 2,5 SPESSORI / 139,5 CM
BARRE SUPPLEMENTARI ANTERIORE TONDA
CONVERGENZA APERTA 2 MM
CAMBER NEUTRO
CASTER TUTTO SCARICO
ASSALE Ø50X1030 TIPO N
TERZO CUSCINETTO NON FISSATO, SENZA GRANI
MOTORE VORTEX DVS
CARBURATORE IBEA Ø24 MM
RAPPORTO 01/12/78
MISCELA 4% ROK LUBE
CONTATTI
KGT RACING TEAM
VIA MORBEGNO 59 - 00166 ROMA (I)
TEL. +39.339.7059522
WEB: WWW.KGTMOTORSPORT.COM


 

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