Test corpetto protettivo “morbido” MIR PRO-tor EIP

- Primo Piano
Il nostro tester Ayrton Becherini a settembre 2016 in occasione di un test in pista ad Arce ha testato il corpetto protettivo “morbido” della MIR che attutisce i colpi grazie ad un innovativo materiale derivato da quello per i giubbotti antiproiettile. Ecco le sue impressioni insieme ai numerosi dati raccolti.


Abbiamo voluto indagare un po’ su questo argomento, che rientra forse un po’ troppo fra quelli che nel karting sono talmente abitudinari e “scontati” da non essere mai stati davvero analizzati nemmeno superficialmente. PerchéŽ su quanto sia realmente protettivo il paracostole per un kartista non è mai stato messo in dubbio, e poi si arriva a casi come quello di Mattia Caminiti, circa 1 anno fa, con tutto che il peso del kart che gli è rovinato addosso è stato sicuramente fondamentale. E poi non si tratta solo del comportamento in caso di eventuali traumi contusivi, ma anche sugli effetti nel normale impegno di guida durante un weekend con tante gare da disputare. Tante “bottarelle” - e non sempre lievi, se prendi un cordolo male… - che però alla fine si fanno sentire.
Normalmente siamo abituati a impiegare sensori “meccanici” sul kart, quelli cioé che registrano accelerazioni, spostamenti e così via. Ma quando a essere “sotto misura” è il corpo umano, quello del pilota, cosa si utilizza? Anche in questo caso dipende dal tipo di dato che vogliamo analizzare: per esempio attraverso un sensore Emg (elettromiografia) è possibile registrare l’azione di muscoli e nervi, che è innescata da una piccolissima corrente, e con queste misure si possono raccogliere dati importanti riguardo lo stress e la reazione del pilota. 
Per quanto concerne la sudorazione, invece, questa va a modificare l’attività elettrica dell’epidermide e per questo motivo i sensori tipicamente usati a questo fine “leggono” la pelle mediante elettrodi. Il valore che si riceve da questi sensori è direttamente in millivolt per cui si compara la misura ottenuta sotto sforzo con una fatta in condizioni standard (ad esempio 20°C a riposo e così via). Per verificare le sollecitazioni subite dal corpo del pilota abbiamo invece utilizzato un normale sensore triassiale per le accelerazioni, anche se in realtà nel caso specifico abbiamo preferito misurare un solo asse alla volta (longitudinale o trasversale) per distinguere quelle in curva da quelle in accelerazione e frenata. Questo sensore è stato posto (cioè incollato) sul corpetto, altezza costole. Il corpetto oggetto della prova è il nuovo MIR PRO-tor EIP (extreme impact protection) che applica questa nuova “filosofia” di attutire i colpi facendo dissipare le forze da un materiale morbido anzichéŽ farlo su una struttura rigida. Abbiamo effettuato il test in due momenti, in pista con il pilota e in laboratorio. 
Come affermato dal pilota in pista il paracostole «non crea problemi di sudorazione, mentre nei tratti disconnessi mi consente di tenere giù il gas senza risentire di fastidiosi colpi alle costole». Quali sono i reali motivi di queste sensazioni? Indaghiamo… 
In pista abbiamo misurato le accelerazioni sia a livello di kart (telaio) che di pilota, trovando queste ultime più elevate. Il motivo è molto semplice: il sensore sul pilota posto ad un’altezza maggiore e più ci allontaniamo dal centro di rollio del mezzo, più i movimenti (e quindi le sollecitazioni) diventano anche laterali, con un trasferimento di carico maggiore.
Durante il test Ayrton Becherini ci comunica le sue sensazioni. «Il paracostole della MIR è molto confortevole e nonostante le temperature alte non crea problemi di sudorazione, mentre nei tratti disconnessi mi consente di tenere giù il gas senza risentire di fastidiosi colpi alle costole. A differenza del mio corpetto rigido il paracostole della Mir ha delle fasce verticali ultra assorbenti e antivibrazioni che attutiscono i colpi assorbendo l’urto senza “far male” (ulteriore conferma l’ho avuta la mattina seguente quando ho potuto constatare con piacere che non avevo i soliti lividi sul tronco e gli annessi doloretti che non sono troppo simpatici)». 
Per il secondo turno Andrea Saccucci monta sul mio giubbetto un altro sensore destinato questa volta a rilevare il grado di sudorazione. 
La sicurezza prima di tutto ma anche il comfort e l’ergonomia vogliono la loro parte, abbiamo così effettuato anche dei test di sudorazione per cercare di capire quanto caldo fa sotto la tuta e il paracostole. Per dare un’idea di raffronto, a 30°C ambientali e con il 42% di umidità, pilotando il kart indossando solo una maglietta sotto la tuta, gli indici di sudorazione sono andati da un valore medio di 200 mv fino a un massimo di 700 mv. grazie al materiale traspirante e alla speciale membrana che lascia uscire il calore, indossando anche il paracostole si è arrivati come massimo solo a 1.022 mv. 
 
Sempre dal punto di vista della sudorazione mentre si gira in pista, l’annessa tabella numerica mostra come questa aumenti con il passare dei giri ma venga anche condizionata dall’impegno che il pilota ci mette alla ricerca del giro veloce. Come pure è interessante notare come il valore maggiore sia stato riscontrato proprio nel giro di rientro: un po’ conta anche la diminuita velocità del kart e quindi dell’aria sul pilota (che ha pur sempre un certo effetto rinfrescante) ma indubbiamente questo ci fa pure capire che non è solo una sensazione quella riscontrata spesso nel momento in cui abbassiamo la concentrazione a fine gara, e improvvisamente sentiamo addosso tutta la stanchezza accumulata (e magari anche qualche dolorino…) cui prima non facevamo assolutamente caso. 
 
Conclusione 
I corpetti rigidi e quelli morbidi hanno caratteristiche differenti ma condividono il medesimo obiettivo: proteggere il pilota dalle forti accelerazioni laterali. Tuttavia in caso di incidente, in particolare in caso di ribaltamento, quando il pilota non viene proiettato fuori dal kart ma rimane vincolato ad esso purtroppo la fortuna (oltre al peso del kart) gioca ancora un ruolo importante. Nel settore motociclistico, dove il pilota in caso di caduta quasi mai rimane agganciato al mezzo, già da tempo si usano i sistemi con airbag integrati nella tuta, grazie al quale accelerometri rilevano urto e ribaltamento facendo aprire delle sacche d’aria nei punti più a rischio. Sono allo studio materiali che in caso d’urto si irrigidiscono creando un guscio attorno al pilota.

Per dare un riscontro più matematico alla capacità di assorbimento degli impatti garantita dal materiale di cui è composto il paracostole della Mir, abbiamo fatto cadere una sfera d'acciaio dall'altezza di 1 metro: ecco di seguito i grafici di quanto registrato dalle apparecchiature
L'impatto con il materiale che simula il corpetto Mir presenta dei picchi più attenuati di intensità, tali picchi indicano la decelerazione della pallina, si notano inoltre meno picchi per un tempo minore, segno che l'energia viene dissipata dal materiale.
Mentre l'impatto con il materiale che simula una protezione a base rigida presenta dei picchi molto evidenti, tali picchi indicano la decelerazione della pallina, inoltre la forza non viene smorzata subito ma dura diversi decimi di secondo 
 
per informazioni 
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52100, Arezzo (Italy)
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