Alessio Lorandi è uno di quelli che ce l’ha fatta: dal karting alla GP3, passando per il FIA Formula 3 European Championship, il talento bresciano è riuscito in quel salto dalle quattro ruotine alle monoposto che tanti piloti ha “scottato”.
Giunto ormai al “terzultimo gradino” dalle porte della Formula 1, a seguito del successo nel weekend di Jerez, Lorandi ha deciso di tornare a correre in kart per preparare l’ultimo appuntamento stagione di Yas Marina. Dopo il dominio nella prima delle due tappe della WSK Final Cup, abbiamo provato ad analizzare con Alessio la situazione attuale del karting e una cosa l’abbiamo capita: il kart è il primo amore che non si dimentica mai.
È prassi per tutti i piloti allenarsi in kart, conta solo girare oppure ci sono accortezze particolari che prendete quando scendete in pista? È per questo che hai deciso di correre in gara?
“Innanzitutto è bene ricordare che correre con il kart è comunque un allenamento molto importante, sia a livello fisico ma soprattutto mentale e di competitività. In tal senso è bene differenziare il lavoro che si fa in un test day da quello che si fa in un weekend di gara. Per dire, nel primo caso non badi molto all’assetto (a meno che tu non sia un test driver, ndr) mentre se devi correre in un racing weekend sei costretto a non lasciare nulla al caso. Per le mie necessità di pilota GP3 ho scelto di tornare a gareggiare proprio perché la reputo la migliore occasione per affinare le mie abilità nel corpo a corpo”.
Ora la proverbiale “domanda da un milione di euro”: OK e KF il pubblico è sempre stato spaccato, quale dei due preferisci e perché?
“Ho corso una stagione con la KF. A tal proposito devo dire che si trattava di un’ottima categoria; ti consentiva di prendere confidenza non soltanto con i freni posteriori ma anche con quelli anteriori, fondamentali nelle situazioni di sorpasso e in condizioni di pista bagnata, dove andava forte chi sapeva gestire meglio la frenata. L’omologa OK non l’ho mai provata, ma a prima vista mi sembra anch’essa molto competitiva. Possiede un rapporto peso-potenza davvero ottimo, che avvicina i tempi sul giro a quelli del KZ, tuttavia , l’assenza del freno davanti però non è una cosa positiva a mio avviso”.
KZ e KF, due mondi diversi. Oltre alla presenza del cambio, concretamente quali sono le differenze nello stile di guida e nell'assetto?
“La differenza è enorme, sia per quanto riguarda la guida che per l’assetto. Con il KZ, è fondamentale sfruttare le marce a disposizione e mantenere una traiettoria cosiddetta a V: frenare forte, raddrizzare velocemente e accelerare a ruote dritte in uscita. Ciò va un po’ a discapito della percorrenza in centro curva, ma i vantaggi sono indubbi. E’ chiaro poi che una velocità maggiore modifica anche l’approccio da utilizzare nelle piste, per dire, non puoi affrontare la prima curva di Lonato in pieno, ma sei costretto a frenare e scalare. Per l’assetto, invece, con il KZ è fondamentale avere una buona stabilità nei tratti veloci perché, qualora il mezzo scivolasse troppo, il degrado gomme sarebbe eccessivo e andrebbe a discapito della resa. Al contempo, però, un set up che nel guidato generasse troppa trazione in uscita comporterebbe una difficoltà eccessiva nel far girare il kart. La sfida è trovare il giusto compromesso e ciò è molto stimolante”.
Si dice che il Karting sia a livello di logistica, strutture e paddock stesso una piccola F1. Sei d'accordo?
“Hai ragione. Negli ultimi anni Karting e F1 si stanno avvicinando moltissimo. A tal proposito fondamentale è stato l’avvento della telemetria, che si è ritagliata un ruolo sempre più importante in questa disciplina. E’ chiaro poi che manca l’infinità di sensori che caratterizza la Formula 1, ma ci si sta muovendo in questa direzione. Lo stesso si può dire anche sulla gestione delle gare kartistiche; quando sono stato al PF International (sede del Mondiale OK ed OKJ, ndr), il direttore di gara mi ha fatto fare un giro del loro centro di monitoraggio. Mi ha colpito la presenza di circa 30 telecamere districate tra curve e parc fermé. Questo fa del Karting davvero una F1 in miniatura”.
Andrea Giustini