Giancarlo Tinini

- Intervista
Su Vroom di Giugno abbiamo pubblicato l'intervista al patron di CRG su temi non solo legati alla storia del marchio, ma anche al presente e al futuro del nostro sport. Eccovi uno stralcio. di F. Marangon


Intervistare Giancarlo Tinini, titolare della CRG, non significa soltanto parlare della sua azienda. Con un uomo della sua esperienza ed entratura nel mondo del kart è possibile discernere le problematiche di questo sport e, ovviamente, capire anche come si evolverà nel prossimo futuro. Tinini, infatti, è un capitano d’industria sui generis. E’ sempre pronto a rimettersi in gioco e, merce rara di questi tempi, a fare un’autocritica costruttiva al fine di garantire lunga vita al karting nazionale e internazionale. Ci siamo confrontati con lui su temi scottanti, trovandoci in più occasioni in perfetta sintonia con il suo punto di vista, soprattutto riguardo il “malcostume” di mettere ragazzi di 15 anni su monoposto di formula e di considerarli bruciati se dopo 2 anni non hanno colto risultati eclatanti, oppure l’importanza di rilanciare il karting nazionale entry level. Il fatto che Giancarlo Tinini “stia con noi” in questa battaglia ci lascia ben sperare per un futuro migliore.

Se dovesse classificare la disciplina del Karting oggi, ritiene che abbia una propria identità tecnica e sportiva o vede questo sport principalmente come propedeutico? Vroom Magazine si pone l’obiettivo di parlare ad un bacino di praticanti il più ampio possibile, ed è in qualche modo evidente che il kart non è più solo ormai “lo sport che praticano i futuri piloti di Formula 1”. Che cosa ne pensa uno dei player più importanti del mercato?
Uno dei modi più semplici per spiegare il karting come lo intendiamo noi è l’esempio della “piramide”: alla base c’è l’attività giovanile e promozionale, a seguire quella nazionale e in cima l’attività internazionale. Purtroppo, oggi, questo schema non è in equilibrio e c’è una concentrazione di sforzi sbilanciati verso il vertice di questa piramide con un progressivo indebolimento dell’attività di base. Nei Campionati FIA e WSK partecipano piloti che, soprattutto nelle classi giovanili, cercano nel più breve tempo possibile la formazione e i successi che li possano proiettare nell’automobilismo. Ma anche alcuni trofei di marca nati per sostenere l’attività di base, oggi svolgono meeting internazionali e richiedono costi che tradiscono gli obiettivi iniziali. Questo vale anche per molti campionati nazionali dove i numeri sono in caduta libera da anni. e la nostra filiera produttiva non può essere sostenuta solo dai campionati e gli eventi internazionali, il karting deve vivere di tutte le fasce di attività e soprattutto deve avere un’attività di base ampia. È una disciplina sportiva per la quale sono vitali i campionati nazionali, il settore giovanile e anche l’attività più amatoriale. Il nostro sport deve essere raggiungibile da più appassionati e con un’offerta adeguata possiamo migliore molto la situazione. Per noi è importante essere presenti in modo qualificato e competitivo nelle gare internazionali, abbiamo un racing team e varie partnership con team esterni per farlo al meglio, ma lavoriamo molto anche al fianco dei nostri rivenditori impegnati nei campionati nazionali, nei trofei monomarca, in funzione del kart giovanile, dell’attività più amatoriale e ci misuriamo anche nel settore del rental kart, che rappresenta un bacino di utenza molto importante in termini numerici.

Alla luce di questa visione, come ha sviluppato CRG il proprio prodotto negli ultimi anni e dove intende indirizzare maggiormente il proprio lavoro di ricerca e sviluppo?
Il mercato più importante di CRG al momento è il settore racing, inteso come prodotti (telai e accessori) che vengono distribuiti per l’attività agonistica nei campionati internazionali, nazionali e nei principali trofei di marca. In questo segmento di mercato il nostro core business sono i modelli KZ-Shifter, che rappresentano circa il 30% della nostra produzione, a seguire abbiamo i telai per le classi direct drive che valgono circa il 25% delle vendite e i telai per le categorie Mini e Cadet che rappresentano il 7% della nostra produzione. A questi dobbiamo aggiungere i telai e accessori prodotti per marchi collegati e per le collaborazioni tecniche con altre aziende del nostro settore esterne, che valgono poco meno del 20% della nostra attività complessiva. Infine, abbiamo la linea rental kart e la gamma di kart promozionali che sono il settore dal quale ci attendiamo le migliori performance di crescita nel medio termine, e per il quale stimiamo di portare la produzione attuale dal 15%, fino al 30%.

Domanda d’obbligo: KZ o OK? Quale categoria è più formativa e qual è la più divertente? Quale ritenete più importante, qualora vi fossero delle distinzioni?
Personalmente sono un grande sostenitore dell’efficacia formativa che possiede la KZ prima del passaggio all’automobilismo: il rapporto peso/potenza, l’azione di sorpasso, la gestione delle cambiate, sono fondamentali che solo questa categoria può trasferire ai giovani e ricordo bene come si rivelò una scelta azzeccata per Verstappen quella di fare anche la KZ nella sua ultima stagione in Kart. Ovviamente le categorie monomarcia sono fondamentali nella prima fase formativa, in particolare la Junior: insegnano la tecnica di guida, l’azione in gara, i fondamentali del set up e introducono i ragazzi alle metodologie di lavoro di un contesto professionale. Come ho già avuto modo di dire più volte, l’attuale regolamento tecnico per i motori OK lo ritengo azzeccato per livello di prestazioni e affidabilità dei motori e ritengo che vadano imposti da parte della FIA alle singole ASN per i loro campionati Nazionali.

E’ ancora importante a suo parere vincere nel karting per affermarsi come pilota nell’automobilismo? Al netto ovviamente del discorso sui costi per accedere all’automobilismo professionistico.
Il karting è sicuramente fondamentale per accedere all’automobilismo, tanto più oggi che il passaggio dei piloti dal Kart alle auto avviene in età così giovane: sarebbe impensabile salire su una macchina da corsa senza la formazione del karting. Ovviamente non siamo favorevoli al fatto che sia consentito a ragazzi di 15 anni di correre in macchina e su questo la FIA dovrebbe aprire una forte riflessione. Soprattutto perché, con queste regole, l’attività nel karting si è compressa verso le classi Mini e Junior e già a 9 anni i ragazzi affrontano campionati troppo professionali e impegnativi per numero di gare e costi.

Anche secondo Voi si lascia troppo presto il karting per provare a sfondare nell’automobilismo? Esiste un “fattore Verstappen” che sta condizionando l’attuale generazione di piloti? E’ un dato di fatto che spesso non si ha tempo di aspettare di raccogliere risultati di rilievo nel karting e si effettua molto presto il passaggio alle auto: in che modo questo danneggia il mondo del Karting?
Certamente si, come già detto. Dobbiamo essere consapevoli che di Verstappen non ne nasce uno ogni anno. Le eccezioni ci possono essere se giustificate e sono sempre casi eccezionali, ma la regola dovrebbe prevedere un percorso equilibrato tra karting e categorie propedeutiche dell’automobilismo. Detto questo, se consideriamo che in OK-Junior si può correre a 12 anni i ragazzi hanno solo 3 stagioni di attività prima di passare alle auto e questo tempo è molto breve. Non hanno più la possibilità di fare esperienza, di imparare. Il karting offre una formazione molto più efficace di qualsiasi categoria propedeutica dell’automobilismo e fortunatamente alcuni genitori più lungimiranti lo stanno capendo, ritardando di un anno il passaggio alle auto. Sarebbe auspicabile che lo capisse anche la FIA.
 
Cosa manca al karting di oggi, se lo paragoniamo alla Golden Age di metà anni ’90? Sotto quali aspetti invece pensate che sia migliorato?
La maggior sofferenza del karting internazionale attuale sono i costi elevati, fattore che di fatto rappresenta un’asticella d’ingresso proibitiva per molte famiglie, tagliando fuori anche il ceto medio che, solo 15 anni fa, era parte integrante di questo sport. E lo stesso discorso, con le debite proporzioni, lo si può fare anche per le categorie nazionali e i trofei monomarca con respiro internazionale. Basta leggere il business plan di un qualsiasi team per capire che, ancora prima del fattore tecnico, abbiamo alcune voci di spesa importati prima di accendere i motori: costi per trasferte troppo lunghe (una gara internazionale o di WSK impegna il team per almeno 6 giorni), che incidono sul costo del personale, hotel e logistica; ma anche i costi di iscrizione, benzina, gomme, tutto potrebbe e dovrebbe essere razionalizzato. Una volta c’era una distinzione netta tra l’impegno (di tempo ed economico) di una gara FIA di Campionato del Mondo o Europeo e un trofeo a margine di questi eventi, mentre oggi facciamo 20-25 gare all’anno con costi equivalenti. E la cosa grave che abbiamo inglobato in questo processo anche la Mini kart, che potrebbe e dovrebbe fare gare di livello molto più promozionale. Come ho detto più volte e lo ribadisco, le norme su questi temi spettano all’autorità sportiva, che è l’unico soggetto in grado di poter legiferare in modo da anteporre gli interessi generali dello sport a quelli dei singoli, che siano organizzatori, promoter o anche costruttori. Sicuramente abbiamo vissuto anni (gli anni ’90 e primi anni 2000) nei quali il mercato del karting, come tutto il mondo del motorsport, è stato sostenuto da una situazione economica migliore e anche da flussi di sponsorizzazioni che i piloti riuscivano a reperire con maggiori facilità. Oggi la situazione finanziaria è molto diversa e quei tempi non torneranno in breve, motivo per il quale vanno introdotte contro misure per ridurre i costi e tenere nel karting il ceto medio. Se devo dire qualcosa che è mancato negli ultimi anni al karting è una guida autorevole e forte da parte della FIA, anche nel coordinare le singole ASN. È mancato un modello e una visione che forse abbiamo avuto solo sotto l’egida di Ernest Buser. Contiamo molto sull’esperienza e l’autorevolezza di Massa e il nuovo corso che speriamo introduca, ma dobbiamo vedere presto azioni concrete su tutti i fronti: dal kart internazionale all’attività nazionale. A livello internazionale abbiamo bisogno di meno “politica” e più attività concrete che mettano le esigenze del karting, dei piloti e degli addetti ai lavori al “centro”. A livello nazionale chiediamo iniziative per razionalizzare le categorie e su tutti i fronti azioni concrete per contenere i costi.

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