Oltre all'attività internazionale d'elite ci sono corse in kart di basso profilo, spesso denominate Club, che permettono di divertirsi senza indebitarsi, ma che non sempre sono state gestite opportunamente dalle ASN. Vediamo la situazione in vari Paesi. (M. Voltini)
Non è certo da oggi che nel karting si possono vedere convivere due anime: quella dell'attività sportiva di punta, dei campionati internazionali che vedono impegnate le Case e i piloti ufficiali, da un lato; quella degli appassionati che sfruttano la semplicità e il basso costo del kart (rispetto ad altre categorie del motorsport) per poter sfogare in pista la propria passione senza troppo impegno, dall'altro lato. Due filosofie opposte di intendere il karting che non è sempre facile gestire, da parte delle ASN (cioè delle Autorità Sportive Nazionali), con i loro regolamenti. Anche perché troppo spesso si fanno condizionare da certi costruttori e da certi promoter, che ovviamente puntano soprattutto a manifestazioni di grande rilievo scenico e che effettivamente fanno girare un mucchio di quattrini (leggasi: sono costosissime per i partecipanti). E a rimetterci è solitamente l'attività "di base", quella che permette a tanti kartisti di iniziare a correre anche senza pensare per forza alla Formula 1, ma solo per divertirsi e mettere in gioco la propria abilità di guida con mezzi che comunque sono in grado di far produrre tanta adrenalina.
Certamente non è facile capire le esigenze di chi gareggia "a basso profilo", ma di sicuro diventa impossibile se le autorità fanno passerella solo alle gare top e non provano a frequentare anche quelle meno titolate, guardando anzi con disprezzo a chi si "accontenta di correre" come può.
Poi c'è da aggiungere che raramente si è fatto lo sforzo di capire certe preferenze, e un esempio illuminante l'abbiamo avuto con le cosiddette motorizzazioni Tag (touch-and-go) cioè quelle dotate di avviamento elettrico e frizione centrifuga. Una tipologia di motore particolarmente adatta a chi andava in pista da solo o con l'aiuto di amici non sempre esperti, visto che non c'era bisogno di una spinta d'avviamento "calcolata" come invece con i 100. Il successo in passato di categorie come Rotax Max, Easykart e Rok Cup ha fatto superficialmente pensare che i motori Tag potessero quindi sostituire direttamente i 100 anche per le gare a caratura mondiale, portando alla definizione della classe KF. Peccato che le situazioni d'impiego fossero completamente diverse: basti solo pensare al fatto che per i piloti ufficiali quello di avere (o no) un meccanico che ti spinge non è e non è mai stato davvero un problema.
Così, anche se in realtà non ci voleva un genio per capirlo fin dall'inizio, alla fine i motori KF si sono rivelati semplicemente troppo complessi, troppo costosi e troppo inaffidabili per poter avere successo al di fuori delle gare titolate Cik. Questo perché non si erano voluti capire i vantaggi che i motori Tag davano ai kartisti più amatoriali, connessi in particolare al fatto di essere monomarca e quindi tutti uguali: nonostante la configurazione Tag, infatti, il successo dei motori Rotax FR 125 Max è stato dovuto principalmente al fatto di essere particolarmente semplici, robusti e longevi, nonché poco costosi. Il fatto di essere stati progettati pensando non tanto alle prestazioni assolute, quanto alla semplicità d'utilizzo, era ciò che faceva la differenza. Ma chi non frequentava questo genere di corse non poteva certo capire che le qualità di questa filosofia erano ben più profonde rispetto alle semplici caratteristiche tecniche "tabellari".
Chi l'aveva capito è stato invece Kees van de Grint, che lanciando la classe OK ha cercato di recuperare quelle caratteristiche di semplicità che potevano far diffondere queste motorizzazioni anche a livello nazionale e non solo internazionale. Purtroppo, quando c'è riuscito dopo aver dovuto superare vari ostacoli e ostracismi, era ormai troppo tardi: la frattura tra il kartismo "top" e quello di base era ormai insanabile. Purtroppo ciò significa che, se da un lato chi corre a livello internazionale non si fa condizionare più di tanto da certe scelte tecniche della Cik e quindi corre "sempre e comunque" (ma anche qui con un certo calo di partecipazioni), dall'altro l'attività "popolare" ne ha risentito pesantemente.
Sono vari i fattori limitanti, da questo punto di vista. Intanto la classe 125 KZ non può da sola reggere l'attività generale, perché comunque parliamo di mezzi più complessi e costosi rispetto ai monomarcia. Per questi ultimi, poi, la mancanza di un nutrito giro di motori e kart usati si è fatta sentire. Inoltre nemmeno i Trofei Monomarca sono la soluzione ideale, troppo condizionati dalle scelte dei costruttori che li promuovono, come in primis il fatto di non andare a correre in tutte le zone e in tutte le piste. A tutto ciò si aggiungono spesso dei regolamenti inutilmente complicati e penalizzanti, con troppi obblighi per chi vorrebbe correre pensando solo a divertirsi.
Ma c'è la possibilità che qualcosa cambi, in merito? Abbiamo dunque cercato di vedere cosa sta succedendo nelle varie nazioni per quanto riguarda l'attività di base, e cosa stanno facendo in proposito le diverse Federazioni nazionali, occupandoci in questo momento di Italia, Spagna e Slovacchia (nella prossima puntata anche di Germania, Francia e Gran Bretagna).
Certamente non è facile capire le esigenze di chi gareggia "a basso profilo", ma di sicuro diventa impossibile se le autorità fanno passerella solo alle gare top e non provano a frequentare anche quelle meno titolate, guardando anzi con disprezzo a chi si "accontenta di correre" come può.
Poi c'è da aggiungere che raramente si è fatto lo sforzo di capire certe preferenze, e un esempio illuminante l'abbiamo avuto con le cosiddette motorizzazioni Tag (touch-and-go) cioè quelle dotate di avviamento elettrico e frizione centrifuga. Una tipologia di motore particolarmente adatta a chi andava in pista da solo o con l'aiuto di amici non sempre esperti, visto che non c'era bisogno di una spinta d'avviamento "calcolata" come invece con i 100. Il successo in passato di categorie come Rotax Max, Easykart e Rok Cup ha fatto superficialmente pensare che i motori Tag potessero quindi sostituire direttamente i 100 anche per le gare a caratura mondiale, portando alla definizione della classe KF. Peccato che le situazioni d'impiego fossero completamente diverse: basti solo pensare al fatto che per i piloti ufficiali quello di avere (o no) un meccanico che ti spinge non è e non è mai stato davvero un problema.
Così, anche se in realtà non ci voleva un genio per capirlo fin dall'inizio, alla fine i motori KF si sono rivelati semplicemente troppo complessi, troppo costosi e troppo inaffidabili per poter avere successo al di fuori delle gare titolate Cik. Questo perché non si erano voluti capire i vantaggi che i motori Tag davano ai kartisti più amatoriali, connessi in particolare al fatto di essere monomarca e quindi tutti uguali: nonostante la configurazione Tag, infatti, il successo dei motori Rotax FR 125 Max è stato dovuto principalmente al fatto di essere particolarmente semplici, robusti e longevi, nonché poco costosi. Il fatto di essere stati progettati pensando non tanto alle prestazioni assolute, quanto alla semplicità d'utilizzo, era ciò che faceva la differenza. Ma chi non frequentava questo genere di corse non poteva certo capire che le qualità di questa filosofia erano ben più profonde rispetto alle semplici caratteristiche tecniche "tabellari".
Chi l'aveva capito è stato invece Kees van de Grint, che lanciando la classe OK ha cercato di recuperare quelle caratteristiche di semplicità che potevano far diffondere queste motorizzazioni anche a livello nazionale e non solo internazionale. Purtroppo, quando c'è riuscito dopo aver dovuto superare vari ostacoli e ostracismi, era ormai troppo tardi: la frattura tra il kartismo "top" e quello di base era ormai insanabile. Purtroppo ciò significa che, se da un lato chi corre a livello internazionale non si fa condizionare più di tanto da certe scelte tecniche della Cik e quindi corre "sempre e comunque" (ma anche qui con un certo calo di partecipazioni), dall'altro l'attività "popolare" ne ha risentito pesantemente.
Sono vari i fattori limitanti, da questo punto di vista. Intanto la classe 125 KZ non può da sola reggere l'attività generale, perché comunque parliamo di mezzi più complessi e costosi rispetto ai monomarcia. Per questi ultimi, poi, la mancanza di un nutrito giro di motori e kart usati si è fatta sentire. Inoltre nemmeno i Trofei Monomarca sono la soluzione ideale, troppo condizionati dalle scelte dei costruttori che li promuovono, come in primis il fatto di non andare a correre in tutte le zone e in tutte le piste. A tutto ciò si aggiungono spesso dei regolamenti inutilmente complicati e penalizzanti, con troppi obblighi per chi vorrebbe correre pensando solo a divertirsi.
Ma c'è la possibilità che qualcosa cambi, in merito? Abbiamo dunque cercato di vedere cosa sta succedendo nelle varie nazioni per quanto riguarda l'attività di base, e cosa stanno facendo in proposito le diverse Federazioni nazionali, occupandoci in questo momento di Italia, Spagna e Slovacchia (nella prossima puntata anche di Germania, Francia e Gran Bretagna).