Sì ai professionisti, No agli amatori

- Editoriale
Shock non è sempre una brutta parola. Anzi in molti ambiti della vita lo shock costituisce lo stimolo per la ripartenza o un necessario cambio di direzione. L’emergenza COVID19 ha rimescolato – in maniera inaspettata - le carte in molti campi e inevitabilmente lo farà anche nel Karting. (di Lennie Small – foto M, Puledda)

Le due nature del nostro sport sono emerse in maniera brusca, nei paesi in cui è stato necessario differenziare l’accesso alle piste: “sì ai professionisti con la licenza”, “no agli amatori”, perlomeno fino a che i posti in pista  saranno limitati dalle esigenze sanitarie. Ciò a ricordarci che oggi più che in passato c’è bisogno di capire di cosa parliamo quando parliamo di karting: di un semplice passaggio della vita di un pilota professionista, dei 6-7 anni di carriera del bambino che aspira a salire su una monoposto di Formula nel più breve tempo possibile (in un momento peraltro in cui i posti a disposizione in Formula 1 sono sempre meno, come sottolinea Andrea Giustini nel numero di Giugno di Vroom International) o di uno sport vero e proprio, con una base di praticanti essenzialmente adulta, in grado di creare mercato nel lungo periodo per tutti gli attori coinvolti (costruttori; piste; sponsor; indotto)?

Perché il Kart è stato progettato, è nato ed è cresciuto per questo: essere automobilismo sportivo di massa a basso costo. Cosa gli è successo? Quando è diventato uno sport di nicchia, che pochissimi adulti con la passione per le corse prenderebbe in considerazione perché “esageratamente costoso”? E quando diciamo costoso non è tanto il costo in sé, qualunque sport ha dei costi. E’ come il costo viene percepito dall’esterno, dal momento che si tratta di un mezzo spartano, essenzialmente quattro tubi saldati insieme e una meccanica piuttosto semplice..

E’ chiaro che qualcosa, ad un certo punto, sia andato storto. Il momento di crisi che stiamo attraversando sta riportando in superficie la questione, e costituisce una grande occasione per un collettivo esame di coscienza: che cosa vogliamo che sia il karting dopo il 2020, se ci sarà un “dopo”?
CIK, Federazioni, costruttori, piste, piloti, stampa, aziende, nessuno escluso, saranno i responsabili del futuro di questa disciplina motoristica. L'obiettivo è sempre lo stesso: ricreare la base dei praticanti con mezzi più affidabili e semplici da gestire e rendere meno farraginosa la partecipazione ad un evento, promuovendo così lo sport fuori dalla nicchia, perché il professionismo (la vera nicchia) e l’attività amatoriale non si intralcino tra loro ma possano convivere ridando al Karting lo spazio e la visibilità che merita.

In America sono arrivati a dire che se il karting fosse uno sport Olimpico le gare si correrebbero con i Rotax, e qualcosa di vero c’è. Un’azienda storica con un progetto in mente che dal 1997 propone una ricetta – di grande successo planetario – per un karting accessibile, dalle regole chiare e in grado di offrire un buon compromesso tra divertimento-prestazioni-competitività. L’altro lato della ricetta, che in molti hanno tentato di imitare, è purtroppo la “diaspora” dei Trofei di marca: troppi e troppo costosi se affrontati con lo spirito del professionismo, e allora eccoci ogni anno a mettere nell’albo d’oro decine di sedicenti “Campioni del Mondo” che hanno corso in media gare con meno di 15 piloti. E’ evidente che c’è qualcosa su cui lavorare, e che questo può essere il momento propizio.

È opportuno anche il vostro contributo, cari lettori: a breve on line, sul sito di Vroom, avvieremo un sondaggio in cui sarà dato spazio alle Vostre idee per stimolare il cambiamento.
Le migliori verranno pubblicate sul prossimo numero di Vroom International e sul Web Magazine! STAY TUNED….

 

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