Michel fa parte di quei rari 100isti che in barba alle nuove motorizzazioni continuano a non voler rinunciare a quella spettacolare emozione che la guida di un 100cc sa ancora trasmettere.
Non dimenticherò mai le parole di un amico. Era una di quelle domeniche storte, e io ero sconfortato da quella giornata sfortunata, lui mi guardò negli occhi e mi disse:“se ti arrendi alla prima difficoltà lascia perdere, il kart non fa per te”. Fu allora che dissi a me stesso che non mi sarei mai arreso.
Michel fa parte di quei rari 100isti che in barba alle nuove motorizzazioni continuano a non voler rinunciare a quella spettacolare emozione che solo la guida di un 100 sa trasmettere. Per questo motivo anche nello scorso anno ha continuato ad aggiornare il suo materiale come se dovesse affrontare quel campionato che in realtà non esisteva. Il suo motore è ancora in “Fiche”, il suo telaio è nuovissimo, anche se non può gareggiare. È innegabile quindi che la sua determinazione superi di gran lunga le possibilità che la realtà gli offre, e che la sua caparbietà gli ha permesso di continuare anche nei momenti più difficili, e non è il solo. Molti come lui non si sono piegati a politiche in cui non si riconoscono, continuando a investire sul 100 nonostante le mille difficoltà che questo periodo comporta. Eccolo quindi il vero aspetto del kart amatoriale, quella passione irrefrenabile che ci spinge con noncuranza a essere tenaci e cocciuti malgrado tutto e tutti. Resta però il fatto che questi piloti sono costretti a praticare uno sport competitivo senza competizione, che mi fa pensare al curioso caso di un subacqueo che è costretto ad immergersi solo in piscina.
L’impegno che questi piloti “fantasma” mettono in quello che fanno basterebbe, per quanto mi riguarda, a non definirli secondi a nessuno e a cercare di dargli il giusto spazio nelle politiche associative. Per loro, come per molti tra i gestori degli impianti la parola gara rappresenta qualcosa di inavvicinabile. Troppi paletti per piloti e organizzatori li obbligano a comportarsi come se si trattasse di un evento titolato, con costi proibitivi che determinano esigui margini di guadagno e di divertimento. Eppure dalle parole di Michel si comprende come il kart amatoriale non abbia bisogno di tutte queste regole, ma solamente di più competizione. Del resto sono i piloti amatoriali quelli che, a fronte di risorse economiche limitate, cercano di portare a casa meno danni possibili. Spero che leggendo questo articolo molti amatori comprendano l’importanza di tenere duro, di metterci l’anima e di resistere a queste condizioni avverse.
Una volta l’ho visto ritirarsi da un evento per rispetto dell’avversario, e non dimenticherò mai quel che avvenne quel giorno. Michel parte dietro, ma ha la possibilità di vincere, per cui si dà subito da fare per recuperare quante più posizioni possibili. Entra in battaglia con il gruppetto di testa, quando il pilota che lo segue arriva lungo e Michel per evitarlo tampona il pilota di testa che esce così di pista. Quest’ultimo scende dal kart e comincia a inveirgli contro. Passa un giro e Michel ripassando in quel tratto di pista decide di fermarsi, parcheggia il suo mezzo a fianco a quello del pilota ritirato. Stop, tutto finito, perché arrivare davanti così non ha senso. Sapreste voi immaginare una qualsiasi gara di livello con un epilogo simile?
Michel fa parte di quei rari 100isti che in barba alle nuove motorizzazioni continuano a non voler rinunciare a quella spettacolare emozione che solo la guida di un 100 sa trasmettere. Per questo motivo anche nello scorso anno ha continuato ad aggiornare il suo materiale come se dovesse affrontare quel campionato che in realtà non esisteva. Il suo motore è ancora in “Fiche”, il suo telaio è nuovissimo, anche se non può gareggiare. È innegabile quindi che la sua determinazione superi di gran lunga le possibilità che la realtà gli offre, e che la sua caparbietà gli ha permesso di continuare anche nei momenti più difficili, e non è il solo. Molti come lui non si sono piegati a politiche in cui non si riconoscono, continuando a investire sul 100 nonostante le mille difficoltà che questo periodo comporta. Eccolo quindi il vero aspetto del kart amatoriale, quella passione irrefrenabile che ci spinge con noncuranza a essere tenaci e cocciuti malgrado tutto e tutti. Resta però il fatto che questi piloti sono costretti a praticare uno sport competitivo senza competizione, che mi fa pensare al curioso caso di un subacqueo che è costretto ad immergersi solo in piscina.
L’impegno che questi piloti “fantasma” mettono in quello che fanno basterebbe, per quanto mi riguarda, a non definirli secondi a nessuno e a cercare di dargli il giusto spazio nelle politiche associative. Per loro, come per molti tra i gestori degli impianti la parola gara rappresenta qualcosa di inavvicinabile. Troppi paletti per piloti e organizzatori li obbligano a comportarsi come se si trattasse di un evento titolato, con costi proibitivi che determinano esigui margini di guadagno e di divertimento. Eppure dalle parole di Michel si comprende come il kart amatoriale non abbia bisogno di tutte queste regole, ma solamente di più competizione. Del resto sono i piloti amatoriali quelli che, a fronte di risorse economiche limitate, cercano di portare a casa meno danni possibili. Spero che leggendo questo articolo molti amatori comprendano l’importanza di tenere duro, di metterci l’anima e di resistere a queste condizioni avverse.
Una volta l’ho visto ritirarsi da un evento per rispetto dell’avversario, e non dimenticherò mai quel che avvenne quel giorno. Michel parte dietro, ma ha la possibilità di vincere, per cui si dà subito da fare per recuperare quante più posizioni possibili. Entra in battaglia con il gruppetto di testa, quando il pilota che lo segue arriva lungo e Michel per evitarlo tampona il pilota di testa che esce così di pista. Quest’ultimo scende dal kart e comincia a inveirgli contro. Passa un giro e Michel ripassando in quel tratto di pista decide di fermarsi, parcheggia il suo mezzo a fianco a quello del pilota ritirato. Stop, tutto finito, perché arrivare davanti così non ha senso. Sapreste voi immaginare una qualsiasi gara di livello con un epilogo simile?