Il Motorsport al femminile ha bisogno di una svolta. Consolidata ormai la presenza in griglia delle ragazze, è necessario un salto di qualità che in uno sport a tutti gli effetti “mixed-sex” quale è il karting, significa donne che vincano gare, titoli, che aspirino all’apice del Motorsport senza remore (f.m.)
Il nostro viaggio tra le ragazze vincenti comincia con due donne che in una fase di grande sviluppo e popolarità del karting hanno fatto la differenza e spesso vinto gare ad altissimo livello. Sophie Kumpen, che molti appassionati anche non kartisti hanno scoperto quando suo figlio Max Verstappen ha iniziato giovanissimo a vincere e la sfortunata Charlotte “Lotta” Hellberg, mancata troppo presto a causa di una terribile malattia. Giancarlo Tinini, patron di CRG che le ha avute entrambe in squadra, ce ne parla ancora con entusiasmo ma non solo: propone qualcosa di rivoluzionario per il Motorsport tutto, un po’ come lo fu l’ingaggio di Lewis Hamilton all’epoca.
«Erano ragazze da prima fila. Non erano semplicemente una presenza femminile in griglia, erano fortissime e sempre protagoniste della lotta, considerando che all’epoca in kart c’erano veramente i piloti più forti del mondo. Sono ragazze nate nel kart: erano sempre in pista, potrei dire come si diceva un tempo, dei “maschiacci” ma nel senso buono. Non avevano paura di niente e il loro pregio era che capivano al volo quello che i meccanici gli spiegavano: in quegli anni non c’era ancora la telemetria – o comunque era agli albori – e c’era un rapporto più diretto col pilota, senza troppi fronzoli. Loro due si adattavano benissimo all’ambiente.»
Qual era il loro punto di forza?
«La Kumpen aveva una grande intelligenza in gara. Fredda, non perdeva mai la calma. Io ho sempre detto che Max, suo figlio, ha ereditato l’aggressività dal papà, ma la lucidità e la freddezza da sua mamma...
«Erano ragazze da prima fila. Non erano semplicemente una presenza femminile in griglia, erano fortissime e sempre protagoniste della lotta, considerando che all’epoca in kart c’erano veramente i piloti più forti del mondo. Sono ragazze nate nel kart: erano sempre in pista, potrei dire come si diceva un tempo, dei “maschiacci” ma nel senso buono. Non avevano paura di niente e il loro pregio era che capivano al volo quello che i meccanici gli spiegavano: in quegli anni non c’era ancora la telemetria – o comunque era agli albori – e c’era un rapporto più diretto col pilota, senza troppi fronzoli. Loro due si adattavano benissimo all’ambiente.»
Qual era il loro punto di forza?
«La Kumpen aveva una grande intelligenza in gara. Fredda, non perdeva mai la calma. Io ho sempre detto che Max, suo figlio, ha ereditato l’aggressività dal papà, ma la lucidità e la freddezza da sua mamma...