Aldilà degli aspetti regolamentari, è bene sottolineare come le carenature abbiano migliorato, sotto tanti aspetti, la sicurezza in caso di incidente. (F.M)
“Tanto è plastica”. “E’ solo un modo di farti spendere”. Quello delle carenature nel kart è un argomento divisivo, e non parliamo solo dell’eterna discussione su musetti e penalità. E’ proprio un modo di concepire il nostro sport: chi rimpiange kart più leggeri e spartani, chi ritiene che l’evoluzione tecnica delle carenature abbia portato con sé aspetti positivi, oltre al semplice aumento del peso (che, volendo essere sinceri, è imputabile a molti altri fattori).
Nate per aumentare la sicurezza a metà circa degli anni ‘80 e divenute poi uno standard, le “plastiche” hanno adempiuto ed adempiono al proprio compito di proteggere il pilota in caso di incidente. Nell’ultimo periodo, per una serie di motivi che spesso abbiamo approfondito, l’impressione è che il numero di incidenti sia anche aumentato oltre al fatto che le velocità delle categorie di accesso alla disciplina siano aumentate (velocità di punta per OK e OKJ spesso nell’ordine dei 135 km/h). E se si può fare poco, perlomeno al momento, in termini di “passi indietro” sulle prestazioni, molto può essere fatto ed è stato già effettivamente fatto per quanto riguarda la sicurezza, soprattutto nella casistica, parecchio comune fra i giovanissimi, di kart che a seguito di un testacoda o un contatto rimane in mezzo alla pista e viene “centrato” da altri kart a forte velocità. Per capire meglio cosa accade e a che genere di test sono sottoposti questi componenti, abbiamo sentito un tecnico del settore, Davide Gaggianesi di KG: «La famiglia dei materiali è sempre quella degli HDPE (polietilene ad alta densità ) e/o PP (polipropilene). Ma all’interno di questa famiglia i miglioramenti sono stati notevoli. Quella che nelle schede tecniche dei materiali è chiamata “stress cracking resistance” è migliorata enormemente negli anni. Ancora oggi noi siamo sempre più alla ricerca di materiali che possano essere leggeri, offrire un alta resistenza e che non si rompano negli urti. Quindi abbiamo particolari oggi, come la carenatura laterale, che con soli 550 grammi di peso riesce ad assorbire molta energia e conseguentemente a passare i crash test imposti da FIA. In passato era necessario un peso maggiore, e all’epoca le carene o si rompevano (materiali troppo rigidi) o collassavano (materiali morbidi) . Oggi si riesce a combinare molto meglio queste due caratteristiche. Un altro aspetto della sicurezza sono le dimensioni. Prendiamo lo spoiler anterior: i primi regolamenti CIK prevedevano una larghezza di 1000 mm., ma la carreggiata anteriore già allora era di 1160/1180 mm. E quindi le ruote anteriori erano particolarmente scoperte. Oggi gli spoiler anteriori sono 1200 mm. Di fatto rimane poco o niente di ruota scoperta. Questo è vero, ha anche un esigenza aerodinamica di carenare il più possibile, ma ha portato dei miglioramenti in termini di sicurezza. In passato, inoltre, non si utilizzava il paraurti posteriore.»
Alcune delle caratteristiche, che rendevano le carene più fragli, erano imposte da questioni di “comodità”: prosegue Gaggianesi: «Un fattore che forse avrete notato è che le carenature laterali e anche lo spoiler anteriore erano tagliati ed ‘aperte’. Questo le rendeva particolarmente fragili e il motivo era l’allora regolamento CIK, indotto dal fatto che non si era ancora pensato di annegare nella plastica gli inserti filettati e quindi si usavano banalmente delle viti+rondella+dado. Quindi era necessario avere l’apertura per usare la chiave all’interno. Quindi il mix tra materiali più poveri, grandi aree scoperte a causa delle piccole dimensioni , più parti tagliate e indebolite per ragioni di “montaggio” faceva si che la protezione non fosse quella attuale.»
Se vi hanno impressionato i crash test effettuati su monoposto e vetture prototipo, quelli sui kart non sono da meno: « I crash test sono gran parte dinamici e in parte statici. I dinamici essenzialmente sono eseguite mediante un carrello nel quale si fissa un finto telaio con il componente delle carenatura. Viene lanciato ad un certa velocità che con il peso da l’input energetico voluto. Nel kart, per regolamento, sono 920 Joule. La carena deve assorbire energia, pertanto sul carrello ci sono degli accelerometri che misurano i picchi di accelerazione, che devono stare entro certi limiti (10G per le carene, 20G per lo spoiler: tutto indicato nel regolamento scaricabile qui) e per funzione derivata si può facilmente ottenere l’energia assorbita. Fondamentalmente l’energia è assorbita dalla parte in plastica e dal suo supporto, le cui piastre di fissaggio vengono sagomate proprio a tal fine. La plastica assorbe grazie al fatto che le carene sono soffiate. Fossero una semplice cover aperta sotto, sarebbe necessario usare degli elastomeri per assorbire l’energia, come avviene nelle auto. Invece, i nostri particolari soffiati hanno il beneficio di essere cavi e vuoti all’interno dove è presente solo ari e ciò permette di assorbire tantissimo senza avere il peso conseguente. Pensate ai New Jersey in plastica stradali: il principio è lo stesso. Se pensiamo alla casistica summenzionata del kart fermo in mezzo alla pista che viene centrato da un altro kart in corsa, si tratta di uno scenario del tutto simile a questi crash test. Esistono infine dei software per simulare in fase di progettazione, ma hanno dei limiti in merito al risultato concreto in quanto quando parliamo di fisica e racing, la parte principale è quella empirica. In progettazione quindi si realizzano semplicemente dei pezzi prototipo e si va al laboratorio a pagamento, facendo le stesse prove che farà poi ufficialmente FIA per validare l’omologa.»
In pista negli ultimi anni – e anche in questo inizio di stagione - abbiamo assistito ad incidenti letteralmente impressionanti, che spesso hanno fatto trattenere il fiato. Uno dei motivi per cui molto spesso i piloti hanno lasciato la scena dell’incidente sulle loro gambe è il frutto della ricerca fatto nell’ultimo ventennio sulle carenature. Ciò non toglie, ci permettiamo di concludere, che si debba continuare a lavorare in termini di educazione agonistica e in particolar modo sulle piste perché anche il contesto garantisca il livello di sicurezza auspicabile per il Motorsport al netto delle fatalità.
Nate per aumentare la sicurezza a metà circa degli anni ‘80 e divenute poi uno standard, le “plastiche” hanno adempiuto ed adempiono al proprio compito di proteggere il pilota in caso di incidente. Nell’ultimo periodo, per una serie di motivi che spesso abbiamo approfondito, l’impressione è che il numero di incidenti sia anche aumentato oltre al fatto che le velocità delle categorie di accesso alla disciplina siano aumentate (velocità di punta per OK e OKJ spesso nell’ordine dei 135 km/h). E se si può fare poco, perlomeno al momento, in termini di “passi indietro” sulle prestazioni, molto può essere fatto ed è stato già effettivamente fatto per quanto riguarda la sicurezza, soprattutto nella casistica, parecchio comune fra i giovanissimi, di kart che a seguito di un testacoda o un contatto rimane in mezzo alla pista e viene “centrato” da altri kart a forte velocità. Per capire meglio cosa accade e a che genere di test sono sottoposti questi componenti, abbiamo sentito un tecnico del settore, Davide Gaggianesi di KG: «La famiglia dei materiali è sempre quella degli HDPE (polietilene ad alta densità ) e/o PP (polipropilene). Ma all’interno di questa famiglia i miglioramenti sono stati notevoli. Quella che nelle schede tecniche dei materiali è chiamata “stress cracking resistance” è migliorata enormemente negli anni. Ancora oggi noi siamo sempre più alla ricerca di materiali che possano essere leggeri, offrire un alta resistenza e che non si rompano negli urti. Quindi abbiamo particolari oggi, come la carenatura laterale, che con soli 550 grammi di peso riesce ad assorbire molta energia e conseguentemente a passare i crash test imposti da FIA. In passato era necessario un peso maggiore, e all’epoca le carene o si rompevano (materiali troppo rigidi) o collassavano (materiali morbidi) . Oggi si riesce a combinare molto meglio queste due caratteristiche. Un altro aspetto della sicurezza sono le dimensioni. Prendiamo lo spoiler anterior: i primi regolamenti CIK prevedevano una larghezza di 1000 mm., ma la carreggiata anteriore già allora era di 1160/1180 mm. E quindi le ruote anteriori erano particolarmente scoperte. Oggi gli spoiler anteriori sono 1200 mm. Di fatto rimane poco o niente di ruota scoperta. Questo è vero, ha anche un esigenza aerodinamica di carenare il più possibile, ma ha portato dei miglioramenti in termini di sicurezza. In passato, inoltre, non si utilizzava il paraurti posteriore.»
Alcune delle caratteristiche, che rendevano le carene più fragli, erano imposte da questioni di “comodità”: prosegue Gaggianesi: «Un fattore che forse avrete notato è che le carenature laterali e anche lo spoiler anteriore erano tagliati ed ‘aperte’. Questo le rendeva particolarmente fragili e il motivo era l’allora regolamento CIK, indotto dal fatto che non si era ancora pensato di annegare nella plastica gli inserti filettati e quindi si usavano banalmente delle viti+rondella+dado. Quindi era necessario avere l’apertura per usare la chiave all’interno. Quindi il mix tra materiali più poveri, grandi aree scoperte a causa delle piccole dimensioni , più parti tagliate e indebolite per ragioni di “montaggio” faceva si che la protezione non fosse quella attuale.»
Se vi hanno impressionato i crash test effettuati su monoposto e vetture prototipo, quelli sui kart non sono da meno: « I crash test sono gran parte dinamici e in parte statici. I dinamici essenzialmente sono eseguite mediante un carrello nel quale si fissa un finto telaio con il componente delle carenatura. Viene lanciato ad un certa velocità che con il peso da l’input energetico voluto. Nel kart, per regolamento, sono 920 Joule. La carena deve assorbire energia, pertanto sul carrello ci sono degli accelerometri che misurano i picchi di accelerazione, che devono stare entro certi limiti (10G per le carene, 20G per lo spoiler: tutto indicato nel regolamento scaricabile qui) e per funzione derivata si può facilmente ottenere l’energia assorbita. Fondamentalmente l’energia è assorbita dalla parte in plastica e dal suo supporto, le cui piastre di fissaggio vengono sagomate proprio a tal fine. La plastica assorbe grazie al fatto che le carene sono soffiate. Fossero una semplice cover aperta sotto, sarebbe necessario usare degli elastomeri per assorbire l’energia, come avviene nelle auto. Invece, i nostri particolari soffiati hanno il beneficio di essere cavi e vuoti all’interno dove è presente solo ari e ciò permette di assorbire tantissimo senza avere il peso conseguente. Pensate ai New Jersey in plastica stradali: il principio è lo stesso. Se pensiamo alla casistica summenzionata del kart fermo in mezzo alla pista che viene centrato da un altro kart in corsa, si tratta di uno scenario del tutto simile a questi crash test. Esistono infine dei software per simulare in fase di progettazione, ma hanno dei limiti in merito al risultato concreto in quanto quando parliamo di fisica e racing, la parte principale è quella empirica. In progettazione quindi si realizzano semplicemente dei pezzi prototipo e si va al laboratorio a pagamento, facendo le stesse prove che farà poi ufficialmente FIA per validare l’omologa.»
In pista negli ultimi anni – e anche in questo inizio di stagione - abbiamo assistito ad incidenti letteralmente impressionanti, che spesso hanno fatto trattenere il fiato. Uno dei motivi per cui molto spesso i piloti hanno lasciato la scena dell’incidente sulle loro gambe è il frutto della ricerca fatto nell’ultimo ventennio sulle carenature. Ciò non toglie, ci permettiamo di concludere, che si debba continuare a lavorare in termini di educazione agonistica e in particolar modo sulle piste perché anche il contesto garantisca il livello di sicurezza auspicabile per il Motorsport al netto delle fatalità.