Toine Hezemans, il signore del corsa quadra

- Storie
Toine Hezemans, classe '43, artefice di un progetto vincente con La Rotax creato dal nulla che ha segnato un passaggio importante nell’evoluzione motoristica del karting. Così dal 1988 al 1995 per vincere nei campionati Cik dovevi utilizzare il Rotax a corsa quadra da lui sviluppato, e grazie al quale monopolizzò il mercato. Lasciò il segno perché intuì il potenziale della sua idea e allo stesso tempo quando arrivò il momento di uscire di scena.

Quando ha cominciato a frequentare l’ambiente del kart e perché?
«Mi avvicinai al karting come la maggior parte dei piloti: mio padre mi trasmesse la passione per le corse. Cominciai a correre in kart dapprima a livello nazionale in Olanda, usando dei Landia Kart, poi sono passato alle competizioni internazionali nel 1965, arrivando terzo al campionato mondiale alla Pista d’Oro a Roma.»

Ci racconti come è avvenuto il suo ingresso nelle competizioni CIK-FIA nei primi anni ‘80: il Rotax grazie anche a lei è diventato il motore più utilizzato in quegli anni e grazie al quale un po’ tutte le aziende di telai ne hanno beneficiato per conquistare i titoli mondiali CIK-FIA. 46 titoli conquistati in un solo decennio tra europei e mondiali nella 100cc. Come è nato il feeling con la Rotax e qual era il suo ruolo?
«Mio figlio Mike cominciò nel 1981 a correre in kart, e anche lui è salito sul podio mondiale nel 1996. A quel tempo il mercato del kart era in mano a Parilla, DAP e PCR mentre io, non potendo avere i motori di primo livello, ho optato per comprare e sviluppare da solo i motori Rotax. Nel 1982 divenni importatore Rotax per l’Olanda, costruendo uno stabilimento di 2000 mq dove assemblavamo e sviluppavamo i motori. Nel 1988 a Laval i miei motori hanno occupato le prime 33 posizioni nel mondiale. Da lì fino al 1995 avevamo circa il 75% del mercato dei motori 100cc. Per circa 10 anni siamo stati al vertice mondiale, vincendo titoli con tutti i migliori piloti dell’epoca: Trulli, Magnussen etc. L’esperienza con la Rotax quindi nacque come una necessità, ma non fu così facile da subito: i motori si rompevano sempre! Ci fu un enorme lavoro di sviluppo prima di poter fare quei risultati, compresa una pista dove andare a provare vicino l’aeroporto di Eindhoven, dove sono nato e dove aveva la sede la mia ditta. Però era una scommessa da fare, ed è più logica e meno rischiosa di quanto si possa pensare: gli altri costruttori avevano rallentato lo sviluppo, erano motori un po’ “vecchi”, noi al contrario ci siamo avvalsi di banchi prova evoluti e di menti geniali quali erano quelle degli ingegneri Rotax: i motori messi al banco giravano esattamente come in pista. Questo binomio aggiunto a tanta passione ci ha permesso di arrivare in alto.»

Qual era il suo obiettivo?
«Vincere, che in questo ambiente è preponderante. E guadagnare soldi (ride n.d.r.)! Nel 1988 vendevo 600 motori, dopo il mondiale a Laval ricevetti ordini per 5000 motori...! Quindi unisci la soddisfazione di avere tutti i migliori piloti e team schierati con il tuo motore a dei guadagni alti.»

E la sua più grande soddisfazione?
«È stata vincere con i motori su cui noi stessi in prima persona mettevamo le mani, io e mio figlio Mike. Battere tutti e monopolizzare il mercato partendo da zero e arrivando al massimo, questa è stata la vera soddisfazione.»

Qual è la sua opinione di quel periodo così avvincente del karting e del suo impegno nel settore?
«L’era dei 100cc è stata sicuramente molto avvincente, ma bisogna anche considerare che aveva raggiunto dei costi notevoli. Iniziammo con motori che giravano a 17.000 giri/min e in seguito agli sviluppi arrivammo fino a 20.000 giri/min, con conseguente usura e/o rotture varie. Un pilota necessitava di 6/7 motori per fare una gara internazionale, come faceva un padre a mantenere tale spesa?! Era un periodo fantastico: il rumore del motore, gli odori, etc, solo che i costi si alzarono troppo. Per questo io in prima persona spinsi per passare al concetto attuale di Rotax MAX: 125cc con il quale puoi gareggiare tutto l’anno senza problemi. Capì che con quel format non saremmo andati lontani, vendetti tutto alla Rotax e chiusi i battenti.»

Com’erano i suoi rapporti con Ernest Buser ?
«Mah... Per me era un dittatore: voleva tutto come diceva lui! Però alla fine diede stabilità all’ambiente, e di questo bisogna dargliene atto. Io con lui ebbi da ridire in America, a Charlotte: lui spinse per fare un campionato mondiale in una pista estremamente pericolosa, e tutti i piloti e costruttori erano fortemente contrari a disputare quella gara. Basti pensare che nella prima mezz’ora di prove c’era già un pilota con un braccio rotto! Era troppo veloce, non conforme alle norme e con i muri appena fuori le curve. Il sabato sera tutti i piloti e team presero le valige e non disputarono la gara, e in quell’occasione litigai con lui. Non eravamo amici.»

Che idea aveva dei costruttori Made in Italy?
«Come detto, a quel tempo erano rimasti un po’ indietro, e siamo riusciti ad avere la meglio su di loro. Dal 1995 in poi hanno saputo prendere spunto dalle nostre innovazioni sviluppandole ulteriormente, così fui costretto a vendere.»

Qual era il telaio con cui preferiva far correre suo figlio?
«Mio figlio ha corso con CRG e poi con Birel è riuscito ad arrivare terzo al mondiale nel 1996. Con Oscar Sala ho ancora un ottimo rapporto.»

Chi erano secondo lei i piloti più forti di allora?
«Gianniberti era il mio pilota ufficiale: per me uno dei piloti più forti che io abbia mai conosciuto, anche se dopo il passaggio in macchina non è riuscito ad esprimersi al meglio. Dopo c’era Trulli senz’altro, ma Nicola Gianniberti per me rimane il più forte. Anche la mamma di Max Verstappen era un talento puro: vinse la coppa dei campioni con il mio motore con la squadra di Peter De Brujn. Conosco bene tutta la famiglia e Max è uno dei piloti più forti... Del resto con una famiglia così, buon sangue non mente!»

È rimasto collegato al mondo del kart?
“Oltre Mike ho altri due figli, Loris e Liam, entrambi impegnati nel mondo delle corse con i quali andiamo sempre a girare a Genk. 

Cosa pensa del kart attuale, dell’attuale gestione della Cik Fia e delle aspettative dei piloti, oggi così diverse?
«Ho visto che è stato tolto l’avviamento elettrico, ma personalmente lo preferisco specialmente per i più giovani: basta un errore per far finire una gara. Per le categorie minori è troppo selettivo. Per il resto ormai non sono più così addentrato, giriamo solo per divertimento sul kart. Per il resto è fantastico che si possa girare con un motore così prestazionale così a lungo prima di doverlo revisionare! Io ho vinto tanto con le macchine dalla Targa Florio con Nino Vaccarella ai campionati europei con le vetture turismo, eppure il kart rimane ancora oggi la cosa più esaltante e divertente!» 

Cosa pensa della tecnologia più evoluta di cui oggi anche il karting può disporre? Prima il riferimento erano solo i tempi sul giro e la temperatura della pista… Cosa pensa della telemetria così indispensabile oggi anche nel karting?
«Fa parte dell’evoluzione, è tutto normale! Come nella auto anche nel kart. Ho un figlio di 13 anni, Liam, che mi aiuta ad usare il mio iPhone perché io non ci capisco un cazzo (ride n.d.r)! Tutti i piloti stanno molto più dietro al simulatore che in macchina, dobbiamo prendere atto che è una nuova generazione. Max Verstappen viene da questa generazione, per esempio. Mio figlio deve andare a provare al Paul Richard, ma non conosce la pista se non al simulatore. Non sarà la stessa cosa, ma è pur sempre un buon allenamento. L’elettronica e la tecnologia nel 2017 è normale evoluzione, e penso sia positiva.»

Da un impegno così importante, una volta chiusa l’esperienza con la Rotax è andato alla ricerca di nuove sfide?
«Una volta che Mike passò in auto, lasciai perdere il karting: una cosa è fare affari, un’altra cosa è vedere mio figlio andar bene sviluppando in prima persona i suoi motori. Sono passato alla auto anch’io a livello di gestione.»

Ci racconta qualche aneddoto di quei tempi che rifletta delle particolari circostanze?
«Un aneddoto interessante risale al 1989, quando non avevo un motore Rotax competitivo per la Junior. Il motore non era ben fatto. Con Marechal elaborammo il motore Junior, e Buser mi omologò l’estensione di omologa. Al tempo con me correva Jan Magnussen, già campione del mondo Junior. A Valencia tra 150 piloti nessuno avrebbe scommesso su di noi. Costruimmo solo quattro motori evoluti, e andavano molto più forte degli altri! Allora dissi a Jan di dividere la pista in due: un giro faceva forte la prima parte, e il giro successivo faceva forte la seconda, così io avevo il riferimento cronometrico del giro “ideale” senza scoprire le carte nei confronti dei nostri avversari. In qualifica era 3 decimi più veloce di tutti, e in gara ha battuto Trulli e Fisichella vincendo il mondiale. Questa fu una delle mie più grandi soddisfazioni: in 3 mesi costruimmo un motore nuovo e vincente. Passai da vendere 50 motori Junior a ordini da circa 1.000 motori!»

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