Jorn Haase, l’uomo venuto dal freddo

- Intervista
Il danese Jorn Haase, uno dei grandi del karting mondiale, condivide con Sir Jack Brabham un singolare record automobilistico: quello di essere diventato Campione del Mondo come pilota e costruttore. Oggi, a 66 anni, è un giovanotto ancora pieno di passione e voglia di fare nel mondo del karting (by P. Mancini)

Nei primi anni ’80 Ayrton Senna Da Silva era già passato alle monoposto e, a dettare legge nella 135 Formula K c’erano 3 stranieri naturalizzati italiani: Mike Wilson, Terry Fullerton e Jorn Haase. Se volevi essere sicuro di vincere il mondiale, dovevi tenerti dietro questi 3 mastini. Fullerton era uno tosto, tanto tosto da combattere ad armi pari con Ayrton. Wilson era un velocissimo metodico. Haase era un leone, con un coraggio da guerriero vichingo e una velocità spaventosa. Avesse vinto tanti mondiali per le pole position conquistate, avrebbe lasciato veramente le briciole ai suoi avversari. Non che gli manchino le vittorie, tra cui quella del Campionato del Mondo 1984 e tutte le gare più importanti della sua epoca, ma la velocità sul giro secco e il coraggio sono sempre state le sue armi migliori. Dopo aver stravinto fino al 1989, con la fine della Formula K 135 iniziò una nuova avventura: quella di costruttore.
Ha praticamente dominato a cavallo degli anni ’90 fino a quando ha deciso di dedicare maggiori attenzione alla vendita di kart che alla gestione di un racing team, una scelta che ancora oggi non rimpiange assolutamente. Impegnatissimo, l’ho dovuto rincorrere per una settimana, ma appena gli è stato possibile mi ha dedicato una mattinata parlando del suo passato, del presente e del futuro di Haase pilota prima e costruttore poi. E’ stata una chiacchierata piacevole con una persona che ride e scherza sempre, a cui non piace vantarsi anche se potrebbe. Grande Jorn, il vikingo col piede di piombo!

Come hai iniziato a correre in kart? Per caso o hai rincorso questo sogno?
Avevo amici più grandi di me che correvano in macchina. La passione mi travolse immediatamente e trascorrevo tanto tempo con loro fino a che decisi di voler fare parte di questo mondo e diventare un pilota. I soldi non erano molti e, con l’equivalente di una cinquantina di Euro di oggi, comprai nel 1972 il mio primo kart: un McCulloch. Avevo 16 anni. Andavo a scuola e, tutto quello che guadagnavo con i lavoretti nel tempo libero, li spendevo nel kart. Comprare un treno di Goodyear Blue Stripe era una conquista! gomme di marmo che duravano 6 mesi… 

Hai iniziato a correre a 17 anni, età in cui i piloti di oggi corrono già da 2 anni in monoposto...
Le cose sono cambiate, oggi a 14 anni corri in Formula e a 18 rischi di essere già bruciato. Negli anni ’70 non avevo soldi e facevo sacrifici enormi per correre. Iniziare tardi, però, rispetto ad oggi era la norma. La Minikart non esisteva e salivamo sui kart la prima volta a 14 o 15 anni. Eravamo già ragazzi formati, con esperienza di vita. Il che non era assolutamente male. 

Chi erano i tuoi avversari?
Terry Fullerton è stato un mio grande avversario e amico. Doveva lavorare, guadagnare, vincere e arrangiarsi esattamente come me. Per un periodo visse con la sua ragazza in una roulotte, ma il kart ai tempi era così e, in pista, se avevi la tenda da campeggio eri già un signore. Terry aveva la fama di essere un duro, uno che non mollava mai. Abbiamo corso insieme nel 1984 alla Kalì Kart ed è stata una splendida annata. Poi ovviamente mi sono battuto con tutti: Mike Wilson, Ayrton Senna, Giuseppe Bugatti e una sfilza di nomi che neanche sto a ricordare. 

Come arrivasti in Italia?
Ricordo che disputai un bellissimo Campionato del Mondo nel 1982 in Svezia, usando i telai Birel scartati da Wilson. Fui contattato da Alessandro Fenini della All Kart per venire a correre in Italia come pilota ufficiale, ma a quei tempi l’azienda era ancora piccola e non c’erano risorse per competere contro i grandi. Così, proprio mentre avevo deciso di tornare in Danimarca, il mio amico Gianfranco Baroni mi disse di provare a parlare con Calogero Vanaria della Kalì Kart. Voleva dedicarsi alla 135 e alla 100 con maggiore impegno e uno come me gli avrebbe fatto comodo. Salii sulla mia vecchia macchina e, quasi per non lasciare nulla d’intentato, feci tappa alla Kalì Kart. Con Calogero raggiungemmo subito un accordo, anche se io parlavo un italiano stentato e lui un dialetto misto tra il siciliano e il bresciano: una stretta di mano e iniziò la nostra collaborazione. Dopo le vacanze estive iniziò il nostro lavoro. La prima gara con loro in 135 fu una prova di Campionato Europeo in Lussemburgo. Il motore era un vecchio Komet K29 (gli altri avevano già il nuovo K30) che avevo vinto al Mondiale di Parma nel 1981 come premio, preparato da Gianfranco Baroni. Il mio meccanico era Roberto Vanaria e, a darci una mano, un giovanissimo Dino Chiesa… aveva 12 anni appena e il padre lo mandò con noi a fare esperienza. Feci la Pole Position col vecchio K29, ma in gara finì male… perdevamo i pezzi per strada. C’era tanto da lavorare.
Al Mondiale del 1983 andai con Giancarlo Vanaria come meccanico e, tanto per non sbagliare, feci di nuovo la Pole Position, ma ancora non c’eravamo con le gomme e il telaio. Il 1984 fu invece una grande annata, il Kalì era finalmente un mezzo vincente anche nella 135 e vinsi il Campionato del Mondo e tante altre gare. Il mio compagno di squadra era Terry Fullerton, che però si ruppe un piede in un incidente. Poi arrivò Mike Wilson in Kalì ed ebbi l’impressione di essere trattato come una seconda guida, così accettai l’offerta di correre per la Swiss Hutless, ma prima di andarmene vinsi la Coppa dei Campioni di Jesolo. Economicamente fu una scelta azzeccata in quanto guadagnai molto, a livello di risultati mi dovetti accontentare perché, ai tempi, il telaio svizzero non era all’altezza dei migliori prodotti italiani. Arrivai comunque terzo al Mondiale del 1985 nonostante avessi sbagliato la scelta delle gomme: mandai mia moglie Anna a casa per recuperare un treno di pneumatici che avevo usato qualche mese prima, ma fu una scelta sbagliata. Chissà come sarebbe andata con le gomme giuste! 

Quando decidesti di passare alla Tony Kart?
Roberto Robazzi della Tony Kart mi chiese di correre con loro e accettai, potendo tornare a Brescia per stare vicino alla mia famiglia. Fu una bellissima sfida collaborare a sviluppare un telaio per la 100 e 135 con la Tony, che ai tempi faceva per lo più 125. Il 1989 fu il mio ultimo anno di gare e vinsi ad Hong Kong, in Giappone e in Australia. Il Formula fu un telaio sviluppato per la 100 e la 135 con assale da 40 mm e due scocche simili, ma non identiche in quanto il 135 usava un tubo da 32 mm. 

Effettua il login o registrati per continuare la lettura di questo articolo!

Richiesta di Accesso

Iscriviti alla Newsletter

Rimani aggiornato sulle ultime notizie dal mondo del kart!
Follow Us on Facebook