A tu per tu con Achille Parrilla

- Intervista
Una visita ad Achille Parrilla è sempre un piacere e saltano sempre fuori nuove storie e nuovi ricordi che ci fanno rivivere gli anni più belli del karting… (P. Mancini)

Ogni volta che passo dalle sue parti, nella terra di Fellini, non posso non passare a trovarlo. E’ come un rito, una liturgia. Achille Parrilla è stato l’uomo che ha inventato il kart moderno, dando seguito alla straordinaria avventura iniziata dal padre, costruttore delle leggendarie moto Parilla, prima con la DAP e poi con Mari, Italcorse e Italsistem. L’unica cosa che è cambiata in lui è che oggi sorride di più. Per chi non lo avesse conosciuto ai tempi in cui i suoi kart dominavano la scena mondiale, era un tipo tosto. Quando ancora non c’erano le tende lo incontravo in pista col suo Fiat Ducato rosso col tetto bianco targato Milano, con la tenda a rullo e il perimetro contrassegnato col nastro bianco e rosso. 
Una volta mi avvicinai per chiedergli un blocca assale, visto che correvo con un DAP e col caldo che c’era il mio “due supporti” si stava incollando all’asfalto. Mi rispose di no e mi fece cenno di non oltrepassare il nastro. Non gliel’ho mai perdonata e ancora oggi, ridendo, glielo rinfaccio. 
Però, devo dire, a me è andata meglio di quello che si poggiò sulla tenda Italsistem, nuova fiammante, che fu allontanato con una bella legnata nella schiena! Lui è così, come tutti i geni. 

Mi ha fatto piacere trovarlo in gran forma… Due conti me li sono fatti e so quanti anni ha… ma vederlo saltare sugli scaffali dicendomi “occhio che qui è pericoloso” mi fa pensare che come l’Achille dell’Iliade sia stato immerso nell’acqua dell’invulnerabilità. Faccio una premessa: quel giorno non sono andato per intervistarlo, ma per un semplice saluto da vecchi amici. Solo che con lui non sai mai dove si va a finire e, quando stavo salendo in macchina, m’è venuto spontaneo dirgli “Signor Parrilla, ma le posso pubblicare le cose che mi ha raccontato?” e lui, che dà del lei a tutti e pretende il lei da tutti anche dopo 40 anni di “amicizia”, si fa una risata rispondendomi “Ma certo… però tolga certi nomi perché altrimenti mi tocca sentirli e non ne ho voglia”.

Dovete sapere, questo lo dico per i più giovani, che una volta non c’erano i social network e che le notizie arrivavano frammentate, di seconda o terza mano, tanto che col passaparola, col l’enfasi del racconto, piccole cronache di pista diventavano leggende. Come di quella volta in cui s’era rotto le balle, come dice lui, di prenderle in 135. “Sa Mancini, conti alla mano a noi costruire da zero un motore 135 sarebbe costato uno sproposito e, nel 1981, non navigavamo nell’oro. Così lasciammo campo libero alla IAME che vinse con grande facilità: noi avevamo un 127 cc e loro un 135… ma con Ayrton nel 1981 a Parma potevamo anche vincere! Poi, nel 1989, ne ebbi le tasche piene e decisi di fare un motore per me (erano gli anni in cui la DAP era in cima al mondo, fatturava gran soldi e si permise anche il lusso di spendere quasi un miliardo di lire per costruire una moto da Gran Premio 125 cc, un piccolo capolavoro, con la quale sfiorò la vittoria nel Campionato Italiano 1988). Così presi un albero motore del Komet 135, fusi i carter e il cilindro in terra, mi feci le mie canne con una travaseria inedita e andai a disputare il mondiale con Massimiliano Orsini. Nelle prove libere eravamo mostruosamente veloci, in assoluto i più veloci, e non voglio dire che avremmo vinto facilmente, anche se lo penso, ma sicuramente avremmo fatto una gran gara. Solo che in DAP sbagliarono l’iscrizione e, invece che nella Formula K, iscrissero Orsini nella Formula Super 100. Non ci fu nulla da fare: noi, politicamente, eravamo sempre in lotta con la CIK e non accettarono l’iscrizione tardiva. Poi quei motori non so che fine fecero fino a che un collezionista me li riportò da restaurare. E oggi uno è tornato mio…”. 

Il laboratorio “dell’Achille” brulica sempre di motori di kart, moto, il mitico Wankel Saetta arrivato alla sua ennesima evoluzione con tanto di iniezione elettronica e un livello di potenza spaventoso.
Ci sono anche i suoi mitici SV31 “cinghietta”, un motore di cui dire che sia fiero è poco. “Col Cinghietta eravamo talmente avanti alla concorrenza che dovettero eliminare i motori a valvola rotante di scena per non doverci copiare. Però coi lamellari fu lo stesso… Negli ultimi tempi andavamo così forte che non c’era neanche bisogno di preparare i motori perché, spesso, finivano con l’andare peggio. Alcuni miei tecnici “spreparavano” i motori e io mi divertivo a fargli vedere che il motore di cassetta andava meglio di quello su cui loro avevano tolto mezzo chilo di alluminio”. 

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