Esaurito il Calendario di 4 gare, che ha laureato Campione tra i “centisti” di casa nostra il Monzese D’Antinone, è tempo di fare il bilancio di una stagione che ha conosciuto alti e bassi. (F.M)
Una cosa va detta subito: quella del 2022 non è stata l’annata che molti si aspettavano per il Campionato KFA100cc, perlomeno a livello nazionale, dato che invece per l’evento più rappresentativo della serie, la Nations Cup di Lonato del prossimo 11 Settembre, le iscrizioni sono già quasi esaurite (ancora pochi i posti disponibili… n.d.r.). Il fattore che più ha inciso su questa voce di bilancio è appunto quello della partecipazione alle gare: i piloti visti al via non sono stati molti come invece il trend e la passione che ruota intorno a questi mezzi avrebbe fatto pensare, specie in paragone ad alcune altre competizioni sulla falsariga di KFA che si svolgono in altri paesi d’Europa.
Ne abbiamo parlato con Augusto D’Antinone che, oltre ad aver vinto il titolo quest’anno – superando piloti ex-Pro del calibro di Sandro Marra – è anche un forte sostenitore della serie evocativa degli anni d’oro del Karting.
«E’ vero, quest’anno la partecipazione è stata inferiore alle attese – ci spiega Augusto. I fattori che hanno determinato questa situazione sono diversi: uno fra tutti il ‘ricambio generazionale’. Se da un lato è vero infatti che siamo meno che agli inizi, è anche vero che tranne pochissimi, il parco dei piloti è completamente nuovo. Inoltre gare 'parallele' come la Coppa Italia 100 hanno un po' diviso il bacino dei partecipanti a livello nazionale, se vai a vedere ci sono state delle gare di Coppa Italia con 1 solo iscritto...e c’è infine da dire una cosa: come spesso avviene qui in Italia, dove il livello del karting è molto alto, la nostra serie è stata presa molto, passami il termine, “sul serio”. Intendo dire che avendo da subito un livello competitivo molto alto in molti si sono cimentati con lo spirito della categoria karting vera e propria quando in realtà KFA nasceva come un progetto a metà tra il kart storico e l’agonismo. Mi spiego meglio: i nostri piloti sono molto spesso non più giovanissimi, sono persone con lavoro, famiglia, etc.. Nel momento in cui proprio a causa del livello molto alto delle competizioni devo andare ad allenarmi molto spesso, devo investire molto tempo e risorse per essere davanti come per qualunque altra categoria o monomarca attualmente presente nel panorama di competizioni capisci che è facile cadere nel ragionamento che “o posso giocarmi la vittoria o smetto”.»
Non trovi quantomeno anomalo che mentre qui questo tipo di gare ha subìto una flessione (i numeri delle ‘alternative’ legate al circuito Club – con regolamento Federale 100cc - sono molto bassi) in alcuni paesi d’Europa si stia assistendo ad un vero e proprio Boom?
«Vero, in UK hanno la F100, oltre ad una categoria denominata proprio 100 Super A come la gloriosa categoria dell’epoca, e fanno fino a 45-50 iscritti per gara. In Francia c’è la Formule 20000, in Danimarca CKR, e queste categorie fanno sempre un bel numero di partecipanti. Questo fa emergere una cosa che ti accennavo prima, che un po’ caratterizza noi italiani rispetto a loro: va onestamente riconosciuto che in quei paesi c’è uno spirito più adatto, più vicino a quella che era la nostra idea quando KFA è nata e, di fatto, ha ispirato gli appassionati degli altri paesi a creare qualcosa di simile. Lì non c’è la smania di ‘stare davanti’, di ‘vincere o andare a casa’. C’è la passione per il restauro, che rimane il cuore della nostra visione, perché al centro di tutto ci sono i kart e quella dovrebbe bastare a portarti poi in pista per le gare. Quando hai recuperato un kart di questi, la gioia e la voglia di portarlo in pista sono più forti di qualunque altra velleità: purtroppo qui abbiamo riscontrato che la passione è passata in secondo piano, rischiando di ridurre questa speciale categoria ad una fra le tante dove chi spende di più, chi si allena di più, chi arriva in pista con più materiale vince e ti assicuro che per noi che si siamo dall’inizio non è certo questo lo spirito che abbiamo sempre promosso.»
Che futuro per la KFA quindi? C’è un dialogo aperto con la Federazione?
«Certo. La Federazione pensa ad una categoria istituzionalizzata, anche se probabilmente non ci sarà più il nome KFA: a noi interessa che torni quell’atmosfera ‘easy’ che abbiamo visto agli inizi e che ti dirò, sto iniziando a rivedere. In occasione dell’ultima prova di Lonato noi piloti siamo stati tutti a cena assieme la sera prima della gara e parlando del paddock, se a qualcuno si rompeva qualcosa avevamo qualcun altro che dal furgone di fianco ti diceva “ho una scocca in più: piuttosto che tornare a casa te la presto". Abbiamo un regolamento rigoroso ma giusto, nella scelta delle piste sappiamo di non poter accontentare tutti ogni anno ma d’altra parte le gare sono solo 4: inserire nuove prove per poter ampliare il parco piste introdurrebbe una gravosità al Trofeo che non è nelle sue prerogative. Le piste scelte nel 2022 sono circuiti che hanno rispettato in pieno la natura di questi mezzi e regalato belle gare. L’annessione al Kart Sport Circuit ci ha permesso di mantenere quell’atmosfera paddock più accessibile e non costipato in ogni ordine di posto.»
Parliamo di pesi: questi mezzi vengono spesso richiamati in causa quando si parla del peso eccessivo dei kart moderni, 150 kg non sono un po’ troppi?
«Diciamo una cosa: i piloti della KFA – e di conseguenza anche in Europa, chi corre con questi mezzi – sono tutti adulti con uno stile di vita “occidentale moderno”, quindi persone che nel corso degli anni qualche chilo l’hanno messo su (ride). 150kg è la soglia giusta per un uomo di corporatura media, diciamo 1.75m per 75 kg, che praticamente non mette zavorra sul kart, così da “non rompersi la schiena per metterlo sul carrellino pista.»
Cosa bolle in pentola per il 2023?
«ACISPORT ha deciso di prendere in gestione la cosa, come detto prima che la categoria potrebbe cambiare nome e finalmente unificare le competizioni con questa tipologia kart. La voglia di fare qualcosa di bello e significativo con questi mezzi c’è e abbiamo fiducia che il movimento vedrà soddisfatte le proprie aspettative. Sull’apertura ad omologhe successive al 2000 invece siamo irremovibili: si aprirebbe uno scenario che stravolgerebbe la filosofia KFA e non farebbe altro che amplificare il fenomeno di cui ti parlavo prima: una categoria dove si spendono molti soldi per poter stare davanti, cercando mezzi e prestazioni non più sostenibili per il profilo di praticante che corre con KFA.»
Viene da chiedersi un’ultima cosa: si esauriranno mai i ricambi disponibili per questi kart, dato che alcune parti non sono più in produzione?
«Bella domanda: ci abbiamo pensato parecchio, ma anche qui si entra nella filosofia di KFA, ovvero recuperare dei mezzi fermi da anni in qualche garage con un lavoro paziente di restauro. Lavoro che nasce prima di tutto reperendo sul mercato i pezzi, spesso con lunghe e minuziose ricerche su web, anche oltre confine. I kart che vedi oggi in pista, e oggettivamente alcuni sono stupendi, sono il frutto di centinaia di ore spese a lavorarci su: per questo per noi il risultato della gara passa in secondo piano, qui il vero risultato, la vera vittoria è scendere in pista e divertirsi come solo questi kart ti consentono di fare!»
Ne abbiamo parlato con Augusto D’Antinone che, oltre ad aver vinto il titolo quest’anno – superando piloti ex-Pro del calibro di Sandro Marra – è anche un forte sostenitore della serie evocativa degli anni d’oro del Karting.
«E’ vero, quest’anno la partecipazione è stata inferiore alle attese – ci spiega Augusto. I fattori che hanno determinato questa situazione sono diversi: uno fra tutti il ‘ricambio generazionale’. Se da un lato è vero infatti che siamo meno che agli inizi, è anche vero che tranne pochissimi, il parco dei piloti è completamente nuovo. Inoltre gare 'parallele' come la Coppa Italia 100 hanno un po' diviso il bacino dei partecipanti a livello nazionale, se vai a vedere ci sono state delle gare di Coppa Italia con 1 solo iscritto...e c’è infine da dire una cosa: come spesso avviene qui in Italia, dove il livello del karting è molto alto, la nostra serie è stata presa molto, passami il termine, “sul serio”. Intendo dire che avendo da subito un livello competitivo molto alto in molti si sono cimentati con lo spirito della categoria karting vera e propria quando in realtà KFA nasceva come un progetto a metà tra il kart storico e l’agonismo. Mi spiego meglio: i nostri piloti sono molto spesso non più giovanissimi, sono persone con lavoro, famiglia, etc.. Nel momento in cui proprio a causa del livello molto alto delle competizioni devo andare ad allenarmi molto spesso, devo investire molto tempo e risorse per essere davanti come per qualunque altra categoria o monomarca attualmente presente nel panorama di competizioni capisci che è facile cadere nel ragionamento che “o posso giocarmi la vittoria o smetto”.»
Non trovi quantomeno anomalo che mentre qui questo tipo di gare ha subìto una flessione (i numeri delle ‘alternative’ legate al circuito Club – con regolamento Federale 100cc - sono molto bassi) in alcuni paesi d’Europa si stia assistendo ad un vero e proprio Boom?
«Vero, in UK hanno la F100, oltre ad una categoria denominata proprio 100 Super A come la gloriosa categoria dell’epoca, e fanno fino a 45-50 iscritti per gara. In Francia c’è la Formule 20000, in Danimarca CKR, e queste categorie fanno sempre un bel numero di partecipanti. Questo fa emergere una cosa che ti accennavo prima, che un po’ caratterizza noi italiani rispetto a loro: va onestamente riconosciuto che in quei paesi c’è uno spirito più adatto, più vicino a quella che era la nostra idea quando KFA è nata e, di fatto, ha ispirato gli appassionati degli altri paesi a creare qualcosa di simile. Lì non c’è la smania di ‘stare davanti’, di ‘vincere o andare a casa’. C’è la passione per il restauro, che rimane il cuore della nostra visione, perché al centro di tutto ci sono i kart e quella dovrebbe bastare a portarti poi in pista per le gare. Quando hai recuperato un kart di questi, la gioia e la voglia di portarlo in pista sono più forti di qualunque altra velleità: purtroppo qui abbiamo riscontrato che la passione è passata in secondo piano, rischiando di ridurre questa speciale categoria ad una fra le tante dove chi spende di più, chi si allena di più, chi arriva in pista con più materiale vince e ti assicuro che per noi che si siamo dall’inizio non è certo questo lo spirito che abbiamo sempre promosso.»
Che futuro per la KFA quindi? C’è un dialogo aperto con la Federazione?
«Certo. La Federazione pensa ad una categoria istituzionalizzata, anche se probabilmente non ci sarà più il nome KFA: a noi interessa che torni quell’atmosfera ‘easy’ che abbiamo visto agli inizi e che ti dirò, sto iniziando a rivedere. In occasione dell’ultima prova di Lonato noi piloti siamo stati tutti a cena assieme la sera prima della gara e parlando del paddock, se a qualcuno si rompeva qualcosa avevamo qualcun altro che dal furgone di fianco ti diceva “ho una scocca in più: piuttosto che tornare a casa te la presto". Abbiamo un regolamento rigoroso ma giusto, nella scelta delle piste sappiamo di non poter accontentare tutti ogni anno ma d’altra parte le gare sono solo 4: inserire nuove prove per poter ampliare il parco piste introdurrebbe una gravosità al Trofeo che non è nelle sue prerogative. Le piste scelte nel 2022 sono circuiti che hanno rispettato in pieno la natura di questi mezzi e regalato belle gare. L’annessione al Kart Sport Circuit ci ha permesso di mantenere quell’atmosfera paddock più accessibile e non costipato in ogni ordine di posto.»
Parliamo di pesi: questi mezzi vengono spesso richiamati in causa quando si parla del peso eccessivo dei kart moderni, 150 kg non sono un po’ troppi?
«Diciamo una cosa: i piloti della KFA – e di conseguenza anche in Europa, chi corre con questi mezzi – sono tutti adulti con uno stile di vita “occidentale moderno”, quindi persone che nel corso degli anni qualche chilo l’hanno messo su (ride). 150kg è la soglia giusta per un uomo di corporatura media, diciamo 1.75m per 75 kg, che praticamente non mette zavorra sul kart, così da “non rompersi la schiena per metterlo sul carrellino pista.»
Cosa bolle in pentola per il 2023?
«ACISPORT ha deciso di prendere in gestione la cosa, come detto prima che la categoria potrebbe cambiare nome e finalmente unificare le competizioni con questa tipologia kart. La voglia di fare qualcosa di bello e significativo con questi mezzi c’è e abbiamo fiducia che il movimento vedrà soddisfatte le proprie aspettative. Sull’apertura ad omologhe successive al 2000 invece siamo irremovibili: si aprirebbe uno scenario che stravolgerebbe la filosofia KFA e non farebbe altro che amplificare il fenomeno di cui ti parlavo prima: una categoria dove si spendono molti soldi per poter stare davanti, cercando mezzi e prestazioni non più sostenibili per il profilo di praticante che corre con KFA.»
Viene da chiedersi un’ultima cosa: si esauriranno mai i ricambi disponibili per questi kart, dato che alcune parti non sono più in produzione?
«Bella domanda: ci abbiamo pensato parecchio, ma anche qui si entra nella filosofia di KFA, ovvero recuperare dei mezzi fermi da anni in qualche garage con un lavoro paziente di restauro. Lavoro che nasce prima di tutto reperendo sul mercato i pezzi, spesso con lunghe e minuziose ricerche su web, anche oltre confine. I kart che vedi oggi in pista, e oggettivamente alcuni sono stupendi, sono il frutto di centinaia di ore spese a lavorarci su: per questo per noi il risultato della gara passa in secondo piano, qui il vero risultato, la vera vittoria è scendere in pista e divertirsi come solo questi kart ti consentono di fare!»
Per le iscrizioni Nations Cup: https://www.kfa100ccseries.com/pre-iscrizione-lonato/
Photocredit: Luca Corberi