Ivan Capelli ci racconta “Natural Born Driver”, il Bio Pic in onda su Sky

- Primo Piano
Abbiamo incontrato Ivan Capelli e insieme a lui ricordato gli anni del karting e del suo unico e incredibile percorso verso la Formula 1 di cui racconta il documentario – da non perdere – appena uscito su SKY. Ecco un estratto dell’intervista che potrete leggere integralmente e in esclusiva sul prossimo numero di Vroom Magazine

Raccontaci com’è nata l’idea di raccontare la tua storia in questo modo?
L’idea c’era da qualche anno, direi. L’opportunità si è concretizzata quando ho ritrovato in soffitta, facendo il classico lavoro di riordino che si fa a volte in casa, 14 “pizze” da 16mm girate da mio padre, il quale all’epoca girava e produceva filmati pubblicitari, che documentano dal 1978 in poi le mie gare in pista.
Papà fece un lavoro incredibile: si inventò addirittura un sistema per fissare una telecamera al kart e filmare esattamente come oggi si fa con le action camera. In quel modo filmò la mia prima gara  nonché moltissime nostre giornate in pista.
Quando Gionata Zanatta (che è un filmaker di professione n.d.r.) ha visto quel materiale è letteralmente ‘impazzito’ e mi ha detto che ne avremmo potuto ricavare un documentario unico e così, in effetti, è stato.

Di quei video, a vederli oggi, fanno impressione le dimensioni dei mezzi: pesanti poco più di un’automobilina a pedali, le ruote strettissime, ma veloci quanto bastava a formare un campione e a far divertire gli amatori. L’evoluzione tecnica del karting ha solo aspetti positivi? Pensi personalmente che la tendenza possa invertirsi?
Parto da un presupposto, che forse potrebbe fare ‘inorridire’ qualcuno oggi. La categoria 100 Cadetti, quella nella quale io inizia a correre a 15 anni era stata pensata per rendere questo sport accessibile a tutti. Il prezzo di un kart della cadetti era “bloccato” – te lo assicuro, abbiamo ritrovato la ricevuta di acquisto – a 515mila lire (circa 270 Euro di oggi. per intenderci una utilitaria costava 4 milioni di lire… n.d.r.) così che per scendere in pista non fosse necessario sborsare cifre esorbitanti.
TI dirò di più: anche il regolamento era “propedeutico” oltre che molto attento al portafogli. Nella Cadetti infatti c’era l’obbligo di usare gomme slick in tutte le condizioni. Non potendo usare le gomme da bagnato, su pista umida e con la pioggia i piloti sviluppavano le qualità di guida che si sarebbero poi rivelate molto utili nel controllo di maggiori potenze. Oltretutto questo rendeva le gare molto più selettive.
Oggi, sebbene non ci si possa opporre al progresso tecnologico, ci mancherebbe, forse al kart manca questa peculiarità, ovvero quella selezione – utile anche al pilota stesso e alla famiglia che investe denaro – per capire chi ha davvero le doti per emergere. Invertire questa tendenza penso sia ormai molto difficile: capisco anche che sia un settore dove il business è importante: ai miei tempi con tre treni di gomme – le durissime Carlisle – facevi praticamente tutta la stagione. Infine direi che la società odierna offre tantissime alternative ai ragazzi, avvicinarli al karting non è semplice, sia per i costi elevati che andrebbero affrontati ma anche perché oggi ci sono davvero molte possibilità e gli interessi dei ragazzi sono davvero molto diversificati.

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