Mirko Sguerzoni non ha bisogno di presentazioni: fondatore di Intrepid, costruttore e talent scout di molti piloti approdati alla Formula 1 e in generale al professionismo del Motorsport, ci ha parlato di come il karting di alto livello dovrebbe venire ripensato dalle basi. Il punto di partenza in un concetto che fa tanto discutere anche ai piani altissimi: Budget Cap e una netta distinzione tra gare titolate e non (f.m.)
Qual è secondo te lo stato di salute del karting di oggi, 2023?
«Partiamo con ordine: lo stato di salute del karting è lo stato di salute delle competizioni, primariamente. Personalmente penso che molte delle dinamiche dei campionati esistenti andrebbero modificate. Da un lato perché sia più facile per i nuovi piloti accedere a questo mondo attraverso campionati “minori”, dall’altro per garantire ai costruttori di contendersi fra loro, ai massimi livelli tecnici e sportivi, i “campionati titolati”. Questa distinzione di base penso sia fondamentale, altrimenti non se ne esce: quando dico “campionati minori” non intendo sminuire nessuno, sia chiaro. Va da sé però che non ha senso che gare non titolate – cioè che non sono un Campionato Europeo o un Campionato Mondiale, abbiano lo stesso approccio iper professionale delle gare FIA, e soprattutto costi simili, impegnando praticamente piloti e addetti ai lavori per 12 mesi l’anno. Il titolo Mondiale è uno: è quello che dovrebbe determinare l’apice di questa disciplina – nella mia visione dovremmo avere un Campionato FIA articolato su 10/12 prove a cui accedono solo i team ufficiali, quelli dei costruttori, e stop. Ciò permetterebbe ai costruttori, piccoli e grandi, di fare lo sviluppo tecnico insieme ai “factory driver”, una figura che comincerebbe, tornerebbe direi, ad avere un senso. In questo modo, eviteremmo il paradosso di case ufficiali, oggi, che si trovano a gareggiare contro team altamente professionali che usano i loro stessi materiali grossomodo sempre nelle stesse piste, una domenica dopo l’altra: in sostanza io che sono un costruttore, dovrei competere e sconfiggere chi usa i miei telai in una continua competizione che alla lunga diventa controproducente perché fa alzare a dismisura i costi, che non hanno più un limite e diventano insostenibili per molti.»
E cosa ne facciamo delle gare che definisci ‘minori’?
«Come ho detto prima, si tratta di riorganizzare e dare ad ogni competizione il giusto peso. Come Intrepid crediamo che oggi esistano diversi campionati e gare “non istituzionali” – sappiamo di cosa parlo, no? Ci sono anche poi, scendendo di livello, trofei e campionati di marca creati e gestiti dagli stessi costruttori che in buona misura, anche loro, non fanno l’interesse del karting e dei piloti, ma semplicemente dell’azienda che organizza. Io personalmente credo che alcuni monomarca costituiscano una distrazione e spesso un errore “di percorso” per chi intende intraprendere una carriera in questo sport ma non mi soffermerei comunque su questi, che un loro equilibrio lo hanno raggiunto in qualche modo, per un certo pubblico. Tornando alle gare “non titolate”, ciò che mi preme di più chiarire, è che il loro ruolo dovrebbe essere quello di costituire un ‘laboratorio agonistico’ dove i Team privati si scontrano tra loro promuovendo i vari marchi presenti sul mercato. In queste gare non dovrebbero essere ammesse le squadre ufficiali e ritengo che dovrebbe esserci una supervisione diretta delle Federazioni, e torniamo alle istituzioni, per calmierare i costi che altrimenti sono fuori controllo: si verrebbe a creare una sorta di ‘budget cap’ naturale, perché in questa tipologia di gare le regole dovrebbero prevedere limiti alle giornate di test pre-gara (e sappiamo tutti invece che i piloti sono in pista già dal mercoledì o prima…) , all’uso di un numero massimo di motori, telai e gomme etc... Io penso che le soluzioni sono alla portata e nemmeno troppo difficili da metter in atto, da quanti anni se ne parla, ma troppo spesso trovano ostacoli nei conflitti di interesse di natura privata che caratterizzano il nostro sport.»
Sulla Minikart, come la pensi?
«Anche qui mi sento di andare abbastanza controcorrente, non penso che sia il male assoluto, anzi. La minikart è fondamentale per garantire un futuro al motorsport, la categoria propedeutica per eccellenza ormai va tutelata e anche qui: gli va conferita titolarità internazionale e solo da questo passaggio la classe per i tantissimi bambini che si affacciano alla pista diventerà davvero quella categoria formativa che si prefigge di essere, non più tantissime gare minori, ma dei Campionati sotto la supervisione FIA. Fosse per me, questo programma dovrebbe essere supportato da team esterni, indipendenti, magari direttamente collegati alla casa madre.»
«Partiamo con ordine: lo stato di salute del karting è lo stato di salute delle competizioni, primariamente. Personalmente penso che molte delle dinamiche dei campionati esistenti andrebbero modificate. Da un lato perché sia più facile per i nuovi piloti accedere a questo mondo attraverso campionati “minori”, dall’altro per garantire ai costruttori di contendersi fra loro, ai massimi livelli tecnici e sportivi, i “campionati titolati”. Questa distinzione di base penso sia fondamentale, altrimenti non se ne esce: quando dico “campionati minori” non intendo sminuire nessuno, sia chiaro. Va da sé però che non ha senso che gare non titolate – cioè che non sono un Campionato Europeo o un Campionato Mondiale, abbiano lo stesso approccio iper professionale delle gare FIA, e soprattutto costi simili, impegnando praticamente piloti e addetti ai lavori per 12 mesi l’anno. Il titolo Mondiale è uno: è quello che dovrebbe determinare l’apice di questa disciplina – nella mia visione dovremmo avere un Campionato FIA articolato su 10/12 prove a cui accedono solo i team ufficiali, quelli dei costruttori, e stop. Ciò permetterebbe ai costruttori, piccoli e grandi, di fare lo sviluppo tecnico insieme ai “factory driver”, una figura che comincerebbe, tornerebbe direi, ad avere un senso. In questo modo, eviteremmo il paradosso di case ufficiali, oggi, che si trovano a gareggiare contro team altamente professionali che usano i loro stessi materiali grossomodo sempre nelle stesse piste, una domenica dopo l’altra: in sostanza io che sono un costruttore, dovrei competere e sconfiggere chi usa i miei telai in una continua competizione che alla lunga diventa controproducente perché fa alzare a dismisura i costi, che non hanno più un limite e diventano insostenibili per molti.»
E cosa ne facciamo delle gare che definisci ‘minori’?
«Come ho detto prima, si tratta di riorganizzare e dare ad ogni competizione il giusto peso. Come Intrepid crediamo che oggi esistano diversi campionati e gare “non istituzionali” – sappiamo di cosa parlo, no? Ci sono anche poi, scendendo di livello, trofei e campionati di marca creati e gestiti dagli stessi costruttori che in buona misura, anche loro, non fanno l’interesse del karting e dei piloti, ma semplicemente dell’azienda che organizza. Io personalmente credo che alcuni monomarca costituiscano una distrazione e spesso un errore “di percorso” per chi intende intraprendere una carriera in questo sport ma non mi soffermerei comunque su questi, che un loro equilibrio lo hanno raggiunto in qualche modo, per un certo pubblico. Tornando alle gare “non titolate”, ciò che mi preme di più chiarire, è che il loro ruolo dovrebbe essere quello di costituire un ‘laboratorio agonistico’ dove i Team privati si scontrano tra loro promuovendo i vari marchi presenti sul mercato. In queste gare non dovrebbero essere ammesse le squadre ufficiali e ritengo che dovrebbe esserci una supervisione diretta delle Federazioni, e torniamo alle istituzioni, per calmierare i costi che altrimenti sono fuori controllo: si verrebbe a creare una sorta di ‘budget cap’ naturale, perché in questa tipologia di gare le regole dovrebbero prevedere limiti alle giornate di test pre-gara (e sappiamo tutti invece che i piloti sono in pista già dal mercoledì o prima…) , all’uso di un numero massimo di motori, telai e gomme etc... Io penso che le soluzioni sono alla portata e nemmeno troppo difficili da metter in atto, da quanti anni se ne parla, ma troppo spesso trovano ostacoli nei conflitti di interesse di natura privata che caratterizzano il nostro sport.»
Sulla Minikart, come la pensi?
«Anche qui mi sento di andare abbastanza controcorrente, non penso che sia il male assoluto, anzi. La minikart è fondamentale per garantire un futuro al motorsport, la categoria propedeutica per eccellenza ormai va tutelata e anche qui: gli va conferita titolarità internazionale e solo da questo passaggio la classe per i tantissimi bambini che si affacciano alla pista diventerà davvero quella categoria formativa che si prefigge di essere, non più tantissime gare minori, ma dei Campionati sotto la supervisione FIA. Fosse per me, questo programma dovrebbe essere supportato da team esterni, indipendenti, magari direttamente collegati alla casa madre.»